Home Nazionale Sudan, nuovo processo per la cristiana condannata a morte. La nunziatura chiede l’intervento del Papa

Sudan, nuovo processo per la cristiana condannata a morte. La nunziatura chiede l’intervento del Papa

0

Roma “Meriam Yahia Ibrahim Ishag avrà un nuovo processo, sarà la Corte suprema ad affrontare il suo caso. Scongiurare la condanna a morte è possibile”. Lo ha annunciato Italians for Darfur (Ifd), organizzazione che ha promosso una petizione per salvare la 27enne cristiana, incinta di otto mesi e madre di un bambino di un anno e mezzo, condannata a morte giovedì perché non ha voluto rinnegare la sua fede.
“Abbiamo avuto la conferma dal nostro referente a Khartum di Sudan Change Now, Khalid Omer Yousif, che sta seguendo il caso da quando Meriam, è stata arrestata il 17 febbraio scorso insieme al figlio di 20 mesi”, ha affermato Antonella Napoli, presidente di Ifd, in un comunicato.
Nella loro sentenza, i giudici hanno anche stabilito che Meriam dovrà subire cento frustate per aver commesso adulterio, visto che il suo matrimonio con un uomo cristiano non è riconosciuto valido in base alla sharia (diritto islamico). Meriam è sposata con Daniel Wani, un sud-sudanese cristiano. Lei è invece sudanese e nel suo paese è considerata musulmana, perché nata da un padre musulmano.
In base alla sharia, una donna musulmana non può sposare un uomo di un’altra fede e i figli nati dalla loro unione sono quindi considerati illegittimi e frutto di adulterio. “Noi, con le altre organizzazioni mobilitate – ha scritto Ifd – continueremo la nostra battaglia per salvare Meriam, come abbiamo fatto in passato per Layla e Intisar, condannate alla lapidazione per adulterio e poi graziate grazie alla nostra mobilitazione”.
IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO – Il presidente del Consiglio Nazionale sudanese, Al-Fateh Ezzedin, in un commento all’emittente radiofonica locale ‘Radio Omdurman’, rilanciato dall’agenzia di stampa ufficiale ‘Suna’, ha precisato che la sentenza di morte emessa da un tribunale di Khartum costituisce “una condanna di primo grado nell’ambito di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie, fino alla Corte Costituzionale”.
Secondo Ezzedin, l’attenzione dei media internazionali per il caso della donna sudanese, “che è esclusivamente in mano alla magistratura, mira a danneggiare la reputazione del Paese e del suo sistema giudiziario”. Il presidente del Parlamento ha quindi invitato i media a “non diffondere informazioni non veritiere”, come quella che la donna ha vissuto in un ambiente non islamico.
“E’ cresciuta ed è stata educata da due genitori di fede islamica”, ha detto. I media sudanesi hanno scritto nei giorni scorsi che la donna è stata educata alla fede cristiana della madre, cristiano-ortodossa, mentre il padre, un musulmano, aveva abbandonato la famiglia fin dalla primissima infanzia di Meriam.
LA NUNZIATURA CHIEDE INTERVENTO DEL PAPA – La nunziatura apostolica in Sudan ha chiesto l’intervento del Papa per Meriam Yahia Ishag, la donna sudanese incinta condannata a morte per apostasia. Lo riferisce lo stesso incaricato d’Affari a Khartoum, mons. Simon Kaassas (il nunzio arriverà tra qualche mese) contattato dall’Adnkronos. “Oggi – spiega l’incaricato d’affari – ho chiesto l’intervento del Papa”. Un appello di Francesco per smuovere le coscienze affinché la situazione per Meriam si possa sbloccare.
Il presidente di Italians For Darfur, citando rassicurazioni di avvocati, ha fatto sapere che la donna avrà un “nuovo processo”, come a dire che la pena di morte può ancora essere scongiurata. L’incaricato d’affari della nunziatura, a questo proposito, pone l’attenzione su una frase pronunciata dalla donna a suo avviso molto significativa e al tempo stesso coraggiosa: “il giudice ha chiesto alla donna se insistesse ad essere cristiana e lei ha dato una risposta molto intelligente dicendo di esserlo sempre stata. Ecco perché credo davvero che ci sarà una soluzione a livello giuridico. Quella risposta tanto coraggiosa non potrà essere ignorata”.
RENZI: L’ITALIA FARA’ SENTIRE LA SUA VOCE – “Mi unisco alla campagna di Avvenire #meriamdevevivere. L’Italia farà sentire la sua voce anche nelle sedi diplomatiche #liberta’difede”. Lo scrive su Twitter Matteo Renzi a proposito del caso della giovane donna sudanese.