Home Nazionale Terrorismo: coalizione anti Is divisa su strategie militari e futuro Siria

Terrorismo: coalizione anti Is divisa su strategie militari e futuro Siria

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Washington, 15 ott. (AdnKronos/Washington Post) – A due mesi dall’inizio dei bombardamenti contro lo Stato Islamico, la campagna militare guidata dagli Stati Uniti ha raccolto numerose adesioni, ma rischia di perdere efficacia a causa delle differenze strategiche tra alcuni dei membri della coalizione. In particolare, per quanto riguarda i raid contro le postazioni jihadiste in Siria e le conseguenze che potranno avere sul regime di Bashar al Assad. Tra i partner c’è chi teme che il governo di Damasco possa uscirne rafforzato e chi, al contrario teme un suo indebolimento.
Ieri i vertici militari Usa e di 21 altri Paesi si sono incontrati nella base di Andrews, nel Maryland, per fare il punto sulla campagna contro l’Is. All’incontro, presieduto dal capo degli Stati Maggiori Riuniti Usa, il generale Martin Dempsey, è intervenuto anche il presidente Barack Obama, che ha parlato degli “importanti successi” ottenuti, ma ha anche ribadito che si tratterà di una “campagna a lungo termine” nella quale ci saranno “successi e sconfitte”.
Secondo l’Amministrazione Usa, sono 60 i Paesi che partecipano a vario titolo alla coalizione e per loro è stata anche rispolverata la definizione, coniata nell’era Bush, di “coalizione dei volenterosi”. La questione è però come far convergere i diversi obiettivi dei vari Paesi membri, affinché si sviluppi una strategia coerente ed efficace contro l’Is. I punti di contrasto, sono molteplici. La Turchia, che ha partecipato al vertice di ieri inviando però, al contrario di quanto fatto da altri Paesi, una delegazione nella quale non erano presenti i vertici delle forze armate, si è finora mostrata recalcitrante riguardo ai bombardamenti sulla Siria o nel consentire agli Stati Uniti di usare le basi aeree turche per i raid.
Inoltre, Turchia e Francia, a turno, hanno insistito per la creazione di una no-fly zone e di una zona cuscinetto nel nord della Siria per proteggere i profughi. Un’idea alla quale si oppongono gli Stati Uniti, la Germania ed altri Paesi. Un punto sul quale tutti si trovano d’accordo è invece il rifiuto di inviare truppe di terra in Siria e in Iraq per combattere contro l’Is.
Shadi Hamid, esperto di Medio Oriente del Brookings Institution di Washington, definisce il vertice di ieri un “passo positivo”, anche se difficilmente riuscirà a risolvere i contrasti più profondi, in particolare quelli relativi alla strategia da adottare in Siria. “I partner della coalizione hanno idee molto diverse sull’assetto da dare alla regione e non si trovano nemmeno d’accordo su quale sia la minaccia principale”, spiega Shadi.
Per Richard Fontaine, presidente del Center fo a new American Security, la lotta contro lo Stato Islamico è “la missione unificatrice sulla quale tutti i partner si trovano d’accordo. I problemi sorgono quando si tratta di prendere altre decisioni”. Ad esempio, se nel mirino della coalizione debbano rientrare anche il regime di Assad o altri gruppi jihadisti che operano nella regione.