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Tiraboschi, con disastri naturali più colpita occupazione giovani e donne

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Roma, 4 ago. (Labitalia) – Migliaia di posti lavoro persi, con un impatto più pesante per giovani e donne. Così i disastri naturali colpiscono l’occupazione, secondo Michele Tiraboschi, giuslavorista, che dell’argomento si è occupato in uno studio pubblicato recentemente on line da Adapt. “Si può ricordare che -scrive Tiraboschi- il terremoto e il conseguente tsunami che hanno devastato nel febbraio 2010 la regione di Maule (Cile) hanno causato la perdita di circa 90 mila posti di lavoro e una riduzione del 3% del prodotto interno lordo nel primo quadrimestre del 2010”.
“Il terremoto e lo tsunami del marzo 2011 nelle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima (Giappone) hanno determinato per la popolazione di quelle località un declino nel numero di occupati (da 2,75 milioni a 2,60 milioni di persone) nei mesi successivi all’evento”, ricorda ancora Tiraboschi. “La serie di terremoti che ha colpito la città di Christchurch (Nuova Zelanda) tra il 2010 e il 2011 ha determinato un forte impatto sui livelli occupazionali in ragione della distruzione di proprietà e infrastrutture per un valore stimato tra il 10 e il 20% del prodotto interno lordo dell’intero Paese”.
Ci sono poi i cambiamenti demografici, come è accaduto a New Orleans: “Solo la metà delle persone evacuate (200 mila su una popolazione di 400 mila) dopo ‘Katrina’ -commenta Tiraboschi- nel 2005 ha fatto ritorno in città a due anni dall’evento con una riduzione pari al 35% del tasso di occupazione”. E altrettanto indicativo, ricorda Tiraboschi, “per restare entro i confini nazionali, è il caso dell’alluvione di Modena del gennaio 2014 che, sebbene non abbia raggiunto l’attenzione dei mezzi di informazione nazionali, ha causato danni a circa 2 mila imprese manifatturiere e 600 aziende agricole interrompendo l’attività di circa 5 mila lavoratori”.
Il principale fattore di incidenza sui livelli occupazionali è ovviamente dovuto, spiega il professore, “alla chiusura di imprese e alla interruzione delle attività produttive anche autonome e professionali, sia per i danni materiali diretti, sia per la paralisi delle infrastrutture, della logistica, dell’approvvigionamento di energia o anche solo per i danni causati alla catena dei fornitori o dei clienti”.
Di notevole impatto, per la ripresa della attività lavorative e delle produzioni, sono poi gli aspetti psicologici, emotivi e ovviamente anche quelli fisici. “Si tratta di fattori che incidono tanto sui lavoratori colpiti dai disastri -spiega Tiraboschi- quanto sui gruppi di lavoratori e operatori coinvolti nella gestione dei servizi di emergenza (vigili del fuoco, medici, infermieri, conducenti di autoambulanze, poliziotti) e nella ricostruzione (addetti alla decontaminazione, ingegneri e operai edili)”.
“Donne e giovani risultano essere, di regola, i gruppi di lavoratori più colpiti dai disastri. Particolarmente evidente, accanto ai movimenti migratori conseguenti ai disastri, è anche il marcato disallineamento, almeno nel breve e medio periodo, che si determina tra la domanda e l’offerta di lavoro con riferimento sia alle competenze e ai mestieri richiesti per la ricostruzione (tecnici, ingegneri, muratori, elettricisti, esperti di sicurezza, operatori sanitari e Itc) sia alle relative condizioni salariali e contrattuali”, aggiunge.
Comunque, sono rari gli studi sull’andamento dei livelli occupazionali, sui cambiamenti strutturali del mercato del lavoro, sulla produttività, sui trattamenti retributivi e le condizioni di lavoro a seguito di un disastro naturale. “Non sorprende, pertanto, che i provvedimenti adottati dai governi nazionali a sostegno dei lavoratori, dei settori produttivi e delle imprese delle aree colpite da un disastro naturale -conclude Tiraboschi-siano ancora oggi frammentari e di carattere prevalentemente emergenziale in termini di primo e temporaneo sostegno alle popolazioni e ai territori colpiti”.