Home Nazionale Tumori: solo 21% pazienti con epilessia seguito in centri ad hoc

Tumori: solo 21% pazienti con epilessia seguito in centri ad hoc

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Roma, 5 ago. (AdnKronos Salute) – In Italia, solo il 21% dei pazienti con diagnosi di epilessia tumorale è seguito in centri specializzati. E’ quanto emerge da un lavoro appena pubblicato su Neurological Sciences – giornale ufficiale della Società italiana di neurologia – frutto delle attività condotte da un gruppo di studio su ‘Epilessia e tumori cerebrali’ nato nel 2012 all’interno della Lega italiana contro l’epilessia e costituito da 35 centri italiani – tra cui l’Istituto Regina Elena di Roma – al cui interno operano neurologi esperti in materia.
Obiettivo della ricerca: effettuare una ricognizione su quanti pazienti con epilessia tumorale vengono seguiti, e in che modo, da parte dei centri epilessia italiani afferenti al gruppo di studio. E’ stata pertanto strutturata una survey inviata a tutti i centri riguardante le attività degli anni 2010-11. Dalle risposte è emerso che 2.528 pazienti su 12.068, ossia solo il 21% sul totale stimato con diagnosi di epilessia tumorale in Italia, durante il periodo preso in esame, sono stati seguiti presso centri specializzati.
In pratica da questa prima rilevazione sembra che un’alta percentuale di pazienti con epilessia tumorale venga seguita senza il supporto di team multidisciplinari dei quali possano far parte anche i centri per l’epilessia.
Il coordinamento dello studio è stato affidato al Centro per la cura dell’epilessia tumorale dell’Istituto Regina Elena (Ire), di cui è responsabile Marta Maschio, in collaborazione con il Centro epilessia dell’ospedale S.S. Pietro e Paolo di Venezia, diretto da Francesco Paladin.
“Il passo successivo – precisano gli autori dello studio – una volta comprese le modalità di presa in carico, sarà poi quello di comprendere con quali farmaci e con quali approcci terapeutici sono stati fino ad oggi trattati i pazienti con epilessia tumorale, sempre nei Centri epilessia. Una volta portata a termine questa valutazione, sarà sicuramente più facile individuare i percorsi più appropriati per la condivisione con le altre discipline e per la stesura di protocolli terapeutici condivisi”.