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Un nuovo piano industriale per Arezzo Fiere e Congressi

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AREZZO – Occorre un nuovo piano industriale per Arezzo Fiere e Congressi. Le recenti dimissioni del direttore generale del polo Raul Barbieri possono essere un pretesto e uno stimolo per un nuovo corso in grado di strutturare strategie innovative per cambiare rotta e per provare a rilanciare il polo fieristico aretino. A richiedere tale svolta sono i Popolari per Arezzo che lamentano come l'importante investimento effettuato negli anni scorsi per l'ampliamento di Arezzo Fiere e Congressi non sia stato guidato da un piano industriale in grado di sfruttarne le potenzialità e di farne un riferimento per tutto il centro Italia. Il polo aretino è infatti per dimensioni il terzo del centro Italia, con uno spazio che non ha eguali nella Toscana meridionale e con una potenzialità espositiva che potrebbe interessare anche i territori delle regioni circostanti ma, finora, l'utilizzo è rimasto limitato e circoscritto spesso entro i confini provinciali. «Se le prospettive rimarranno quelle attuali – spiega il consigliere comunale Luigi Scatizzi, – l'investimento sulla struttura non verrà recuperato, con la conseguenza che il polo resterà in perdita e sarà così destinato al fallimento. Arezzo Fiere e Congressi ha bisogno di un importante aumento di fatturato per ammortizzare l'investimento effettuato e per produrre guadagno, dunque il nuovo management deve sviluppare un piano industriale ambizioso e adeguato alle effettive potenzialità della struttura». I Popolari per Arezzo propongono di prevedere un soggetto di gestione che, distinto alla proprietà pubblica, sia affidato ad un management privato, competente e motivato sotto il profilo imprenditoriale. Questi soggetti devono essere individuati con procedure di legge che conducano Arezzo Fiere e Congressi verso migliori condizioni di autonomia finanziaria e strutturino un serio progetto di rilancio del polo. «Tutto questo – conclude Andrea Gallorini, presidente dei Popolari per Arezzo, – deve essere necessariamente accompagnato da una gestione economica improntata a criteri di sobrietà, che miri ad una maggiore trasparenza e, soprattutto, che conduca ad una forte riduzione degli sprechi e dei costi, arrivando ad una rapida ed essenziale crescita delle quote di mercato. Al momento, infatti, l'enorme disparità di relazione tra il patrimonio e il fatturato rende l'attuale società priva di mezzi di sviluppo e senza prospettive operative di valore».