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Usa: Cgil, Ttip favorisca lavoro di qualità e sviluppo sostenibile

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Roma, 14 ott.(AdnKronos) – “Il Ttip ha senso solo se favorisce la creazione di posti di lavoro di qualità e sviluppo sostenibile”. Così in una nota la Cgil ribadisce il suo giudizio in merito al Trattato di libero scambio Usa-Ue, nel sottolineare che “cresce in Italia e in Europa la preoccupazione di cittadini e lavoratori sui contenuti e le conseguenze dei negoziati per il Ttip. I timori sono legati all’assoluta segretezza e opacità dei negoziati e al carattere prevalentemente normativo e regolamentare, secondo le intenzioni dei negoziatori delle due sponde dell’Atlantico, che assumerebbe l’accordo”.
Per la Cgil, infatti, “non si tratta di abbattere tariffe doganali, già significativamente basse tra i due partner, quanto di ‘armonizzare’ leggi e regolamenti per rendere più fluido il libero scambio di merci e servizi. In altre parole, il Trattato commerciale interverrebbe sulle norme ambientali, alimentari, sociali e del lavoro a favore della massima liberalizzazione delle merci e dei servizi, inclusi quelli pubblici e quelli essenziali, con conseguenze facilmente immaginabili sulle condizioni di vita e di lavoro e sui livelli stessi della democrazia. Non sarebbero, infatti, i Parlamenti e i governi a decidere norme così fondamentali, ma un apposito Consiglio Transatlantico che vigilerebbe sulla conformità di queste leggi ai dettami del libero scambio”.
“Siamo in attesa di conoscere il risultato della consultazione che la Commissione ha aperto sul meccanismo di dispute tra investitori e stati, meccanismo che è già stato inserito nel trattato di libero scambio con il Canada (Ceta). Si tratta di una gravissima violazione della sovranità politica dei singoli stati, laddove investitori e multinazionali possono chiamarli di fronte ad una corte arbitrale internazionale privata a rispondere di possibili violazioni dei ‘diritti’ degli investitori per legittime decisioni politiche che possano influenzare negativamente i profitti delle imprese estere. Meccanismo, oltretutto, che discrimina a sfavore delle imprese nazionali, che, giustamente, a queste decisioni dei loro stati devono semplicemente attenersi, salvo ricorrere alla normale giurisdizione se li ritengono illegittimi”, conclude la Cgil.