Home Nazionale Va da Courmayeur a Messina la mappa dell’Italia che frana

Va da Courmayeur a Messina la mappa dell’Italia che frana

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Roma, 23 apr. – (Adnkronos) – Courmayeur è solo l’ultima in ordine di tempo, ma le frane in tutta Italia sono tantissime e a preoccupare sono soprattutto quelle che interessano i centri abitati. Zone quasi sempre monitorate, come nel caso di Courmayeur, ma il problema è l’urbanizzazione selvaggia. “Ormai abbiamo costruito un po’ ovunque – dichiara all’Adnkronos Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi – è necessario evitare di continuare: una buona pianificazione evita di costruire dove c’è una frana di 50 metri, ma ancora oggi purtroppo i temi legati al territorio sono ancora marginali”.
Courmayeur a parte, ci sono diverse frane che meritano di essere citate. In Sicilia, va ricordata la frana che interessa il centro storico di Agrigento “con la cattedrale deformata dai movimenti che avvengono in profondità. Si sta cercando di intervenire spendeno tanti soldi ma senza risultati”, ricorda Graziano. Preoccupazione per Vampolieri, la collina sopra Acireale con le sue case di pregio. Qui la frana, seppure lentamente, continua a muoversi, situazione aggravata dal fatto che si tratta di una zona sismicamente attiva, perché la frana può essere innescata in occasione di eventi sismici.
Stesso caso di Messina, anche qui c’è il rischio di frane “sismoindotte”. Nella zona dei Nebrodi, sul versante tirrenico del messinese, nel 2010 si innescarono frane che interessarono una trentina di centri abitati. In Calabria c’è un intero paese che sorge su una frana: Gimigliano, in provincia di Catanzaro. La sua frana “è più vasta e profonda di quello che si pensava fino a poco tempo fa, interessa tutto il centro abitato”, spiega il calabrese Paolo Cappadona, consigliere nazionale dei Geologi.
La frana di Gimigliano “procede lentamente, causando lesioni a fabbricati, alcuni dei quali sgomberati, e franamenti localizzati. Non possiamo escludere evoluzioni in senso peggiorativo e un processo di accelerazione – continua Cappadona – soprattutto se associato al pericolo sismico che caratterizza quest’area come tutta la Calabria”. Una situazione, quindi, “che va tenuta sotto costante controllo per capire se gli spostamenti stanno accelerando e garantire la sicurezza. Andrebbero attuati interventi strutturali per mitigare il fenomeno visto che è impossibile fermare il movimento”.
Quella di Gimigliano è una frana molto profonda: tra i 50 e i 70 metri. Per fare un paragone, basta pensare “che le frane superficiali sono quelle dai 3 ai 4 metri di profondità, quelle normali 15 metri”, conclude il geologo calabrese. Per restare nella regione, tristemente famosa è la frana di Janò, a Catanzaro, che è parte del centro abitato e continua ad alternare momenti in cui sembra stabilizzarsi a riattivazioni. Anche ad Ancona insiste una frana non esaurita, cioè attiva, e particolarmente profonda. Una frana sotto controllo, sì, ma “che non si può fermare né stabilizzare – spiega Gian Vito Graziano – l’unica cosa che si può fare in questo caso è rallentare il movimento”.
Come intervenire sulle frane che interessano i centri abitati? “A volte si può intervenire, ma servono opere importanti e finanziamenti di milioni di euro; altre volte, nel caso di frane profonde come quelle di Agrigento o Gimigliano in Calabria, non si può intervenire, quello che si può fare è monitoraggio, contenimento e il consolidamento per mitigare i rischi”, spiega Graziano. Ma se consolidamento e monitoraggio aiutano a prevenire i danni, a remare contro sono “il consumo di suolo, l’impermeabilizzazione del terreno e il disboscamento che influiscono sul regime delle acque – aggiunge Graziano – e anche l’abbandono delle campagne contribuisce ad aumentare il rischio perché gli agricoltori svolgono un ruolo importantissimo sul controllo e la tutela del territorio”.