Home Nazionale Agrigento: palme con soldi Provincia, chiesti sei anni per D’Orsi

Agrigento: palme con soldi Provincia, chiesti sei anni per D’Orsi

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Palermo, 23 feb. (AdnKronos) – Il Procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo, al termine della requisitoria, ha chiesto oggi la pena a sei anni di carcere per Eugenio D’Orsi, l’ex Presidente della Provincia di Agrigento, accusato di concussione, peculato, truffa e abuso d’ufficio. In particolare, D’Orsi dovrà spiegare ai giudici come sia stato possibile che una trentina di palme comprate con i soldi della Provincia siano finiti nella sua villa di Montaperto, ma anche il perché l’affidamento di una serie di incarichi professionali pagati migliaia di euro per fare consulenze che invece, secondo l’accusa, poteva ottenere dai suoi stessi uffici. La Procura ha chiesto al Tribunale, presieduto da Giuseppe Melisenda Giambertone, anche l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici dell’imputato. Durissima la requisitoria dell’aggiunto Fonzo, che ha coordinato l’indagine a carico di D’Orsi: “L’imputato ha approfittato del proprio ruolo istituzionale per non pagare prestazioni a lui rese come nel caso dei lavori per la costruzione della villa di Montaperto – ha detto Fonzo durante il suo intervento in aula – D’Orsi è soggetto spregiudicato e accentratore di potere che fa della logica dello scambio di favori il suo credo politico: tutto è finalizzato ad accumulare potere sfruttando la sua posizione di vertice che gli consente di elargire favori con la prospettiva di acquisire popolarità con la ragionevole aspettativa di poter restare al vertice dell’ente Provincia”.
E ancora: “E’ in altri termini un soggetto che conferma la teoria sociologica del familismo amorale di Edward C. Banfield secondo cui, in alcune zone del Meridione, la condotta dell’individuo sarebbe dettata dall’unica seguente regola: ”massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. L’imputato ha mostrato di perseguire soltanto il proprio interesse e quello della propria famiglia e mai quello della comunità – prosegue Fonzo – non ha ciò che si definisce ethos comunitario perché agisce sempre secondo la logica del guadagno personale a discapito della comunità amministrata né persegue l’interesse pubblico a meno che tale interesse non coincida in tutto o in parte con il proprio”.
L’imputato, secondo l’accusa “ha mostrato di piegare la cosa pubblica ai propri interessi sperperando denaro e risorse pubbliche per avvantaggiare se stesso e la cerchia dei suoi favoriti senza mai occuparsi degli interessi pubblici obiettivo di ogni amministratore pubblico locale”. (segue)
“Leit motiv di questo processo è l’abuso che D’Orsi fa della propria posizione di rilievo pubblicistico per ottenere costantemente vantaggi personali avvalendosi di soggetti compiacenti che elargiscono favori consapevoli del fatto che il favore concesso sarà prima o poi restituito in altra forma: ottenimento di nuovi appalti pubblici come nel caso di Gaspare Chianetta – dice ancora il magistrato nella requisitoria – assunzione di persone disoccupate come nel caso di Vincenzo Vecchio; prospettive di carriera lavorativa come nel caso di Vincenzo Buono e dei funzionari della Provincia compiacenti come ad esempio Ignazio Gennaro che, pur essendo deputato al controllo della documentazione delle spese di rappresentanza, di fatto avalla ogni richiesta del suo dominus”.
Per l’accusa “E’ stata mostrata una visione deprimente della pubblica amministrazione al cui interno si celava una illegalità diffusa: gestita ai vertici dal Presidente della Provincia D’Orsi e sostanzialmente avallata, se non condivisa, dai dirigenti che avrebbero dovuto, come richiesto dalla legge, svolgere una funzione di controllo prima e autorizzatoria poi di quanto deliberato dagli organi politici”. Per Fonzo “il filo rosso di tutto il processo sono le modalità operative con cui veniva gestita la Provincia di Agrigento: il Presidente della Provincia D’Orsi Eugenio Benedetto, a seconda dei casi, ordinava su quale fondo spesa dovessero gravare i cosiddetti pranzi “istituzionali”; ordinava, mediante direttive, quali soggetti dovessero ottenere incarichi esterni da parte della Provincia; ordinava, sempre mediante direttive, quali soggetti dovessero stipulare contratti di fornitura di beni e servizi con la Provincia”.