Home Attualità Anche in cocktail ma senza ghiaccio fa tendenza la grappa d’estate

Anche in cocktail ma senza ghiaccio fa tendenza la grappa d’estate

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Roma, 2 lug. (Labitalia) – Chi ha detto che una buona grappa non si può bere anche d’estate? E’ quanto emerge da un’analisi sui consumi che l’Istituto di Tutela Grappa del Trentino ha portato avanti per capire in che direzione vanno le tendenze dei consumatori del distillato italiano per eccellenza. Se la grappa fino ad oggi è stata sinonimo di bevanda da camino acceso insq fredde giornate, i consumatori più attenti possono smentire la credenza e affermare che non soltanto si può bere grappa anche in estate, pur in una corretta maniera, ma addirittura c’è chi osa nel proporre cocktail a base di acquavite.
“La grappa di qualità è un prodotto che si può degustare durante tutto l’anno – afferma il presidente dell’Istituto, Beppe Bertagnolli – e non solo in montagna. Oggi possiamo dire che i nostri distillati sono consumati in estate in tutto il Paese, grazie a una migliore comprensione da parte del consumatore”.
Per i fautori della ‘grappa d’estate’, ecco allora dall’Istituto qualche consiglio. Bocciato il ghiaccio, perché “un’aggiunta di componente acquosa rovinerebbe l’intensità e il gusto del distillato”. “Tuttavia – si spiega – alcune grappe, soprattutto quelle più giovani, morbide e aromatizzate, possono essere consumate nei mesi estivi a una temperatura leggermente più fresca rispetto a quella ambiente. Questo permette di non far prevalere l’alcol, che con il caldo tende a farsi sentire in maniera preponderante, di mantenere i profumi del distillato e di goderne tutte le sue caratteristiche organolettiche”.
Ad avvalorare questa tesi anche l’indagine di mercato compiuta dall’istituto Talos-Am per conto dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino, dalla quale si evince che se prima il consumo di grappa era soprattutto legato alla fine dei pasti come digestivo o ‘ammazza caffè’, oggi la grappa viene scelta anche per accompagnare conversazioni dopo cena o nei locali di tendenza e non necessariamente nei periodi invernali.
Secondo i dati dell’Istituto, almeno il 30% degli italiani consumerebbe grappa in maniera regolare. Un dato importante e soprattutto con un grande potenziale visto che, sempre secondo lo studio, oltre il 75% degli italiani conosce l’acquavite. In generale, piace di più la grappa bianca morbida, anche se negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente il numero dei consumatori che scelgono grappe invecchiate.
Non solo uomini, ma anche donne (sempre di più negli ultimi anni) e giovani fra gli estimatori, che al posto dei soliti super alcolici cominciano ad apprezzare i distillati di qualità quali le grappe. Tra i motivi principali che spingono a bere grappa, il gusto di questo prodotto, ma anche il retrogusto persistente delle grappe più invecchiate.
Ma la ricetta per una grappa di qualità sono le quattro ‘T’: territorio, tempestività, tradizione, tutela. Una ricetta scritta nel disciplinare di produzione e garantita dall’Istituto di Tutela Grappa del Trentino, nato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 29 soci, dei quali 21 sono distillatori e rappresentano la quasi totalità della produzione trentina, e ha il compito di valorizzare la produzione tipica della grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta ‘Trentino Grappa’.
Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 10 mila ettanidri di grappa (circa il 10% del totale nazionale), vale a dire circa 4 milioni di bottiglie equivalenti (da 70 centilitri) distillando 15 mila tonnellate di vinaccia.
Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve aromatiche (40% del totale), quella destinata all’invecchiamento (circa il 35%) e quella da vinacce miste (circa il 25% della produzione). Il fatturato medio annuo che la grappa genera in Trentino è calcolato intorno ai 15 milioni di euro per l’imbottigliato e 2 milioni di euro per quanto riguarda la vendita dello sfuso.