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Assindatcolf, dedurre il costo del lavoro domestico

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Roma, 18 nov. (Labitalia) – Dedurre gli oneri fiscali per colf, badanti e baby sitter per sostenere il welfare e l’occupazione. Se le famiglie italiane potessero godere della deduzione delle spese per colf, badanti e baby sitter si otterrebbero effetti positivi diretti e indiretti: si arriverebbe a far emergere 340.000 occupati irregolari nel settore e si creerebbe un’occupazione aggiuntiva diretta per 104.000 collaboratori domestici. Il saldo fra costi aggiuntivi e benefici diretti legati a emersione e nuova occupazione porterebbe il costo della deduzione a carico dello Stato a 675 milioni di euro. È quanto emerge da una ricerca del Censis, ‘Sostenere il welfare familiare’, commissionata da Assindatcolf.
Si produrrebbero anche effetti indiretti, con nuova occupazione creata in altri settori (80.000 addetti), gettito fiscale e contributivo aggiuntivo e anche un gettito Iva aggiuntivo derivante dai nuovi consumi delle famiglie determinati dalla disponibilità di reddito collegato alla deduzione. Il risultato finale degli effetti diretti e indiretti sarebbe pari a un costo per lo Stato di soli 72 milioni di euro.
“Le stime contenute nel Rapporto Censis – dichiara Andrea Zini, vicepresidente Assindatcolf – dimostrano l’assoluta sostenibilità per le casse dello Stato della deduzione totale del costo del lavoro domestico. Si tratta di un’operazione quasi a costo zero, poiché 72 milioni di euro sono un valore pressoché irrisorio che, però, potrebbe generare una vera e propria inversione di tendenza nel sistema del welfare italiano. Le famiglie sarebbero finalmente libere da un pressante ruolo di assistenza e cura che gli è stato impropriamente affidato, con la conseguenza di un ritorno a un ruolo pieno di nucleo sociale naturale, recuperando anche la funzione prima della famiglia con un aumento della natalità”.
Sono 2.143.000 le famiglie italiane (l’8,3% del totale) che si avvalgono dei servizi dei collaboratori domestici: dalla cura e assistenza degli anziani e delle persone non autosufficienti alle attività di pulizia della casa. Il valore economico delle prestazioni dei collaboratori domestici, sostenuto direttamente dalle famiglie, è pari complessivamente a 19,3 miliardi euro: un valore che negli ultimi quindici anni è cresciuto del 22%.
Gli occupati nei servizi di assistenza familiare sono 1,6 milioni (il 6,6% degli occupati totali) e sono aumentati negli ultimi quindici anni di quasi il 46% (nel 2000 erano 1,1 milioni, il 4,8% del totale). Il forte sviluppo occupazionale in quest’area evidenzia la crescente importanza delle attività presso le famiglie come sbocco occupazionale, soprattutto per quei profili professionali in fase di riconversione o per quelli che sono in procinto di affacciarsi sul mercato del lavoro. Ma emerge anche la necessità delle famiglie di attingere a un bacino sempre più ampio di profili professionali per soddisfare bisogni non coperti diversamente.
All’interno del settore resta ampia la quota di lavoro irregolare, che interessa circa il 55% dei lavoratori domestici, pari a 876.000 unità. Solo nel 2001 l’incidenza del lavoro sommerso superava però l’80%. Le famiglie hanno assunto negli ultimi anni la caratteristica di datori di lavoro sempre più trasparenti, grazie alle operazioni culturali, fiscali e normative tese a sensibilizzarle. Anche se restano ancora ampi i margini per una maggiore trasparenza, con risvolti positivi per i lavoratori a domicilio, per il sistema economico nel complesso e prima di tutto per le famiglie stesse.
Il 96,1% delle famiglie che si rivolgono ai collaboratori domestici non riceve alcuna forma di sostegno. In mancanza di un supporto pubblico e nell’impossibilità di prendere in carico in prima persona l’onere familiare, il 45,8% delle famiglie che ricorrono ai servizi forniti da colf e badanti è costretto ad affrontare difficoltà economiche, che inducono a contrarre altre voci della spesa familiare o persino ad erodere i risparmi. Solo il 4,8%, infatti, gode dell’assegno di accompagno e appena il 3,6% usufruisce di detrazioni fiscali. Per il 10,1% delle famiglie la spesa incide per oltre il 30% del reddito disponibile.
E sarebbero ulteriori 2,9 milioni (il 12,1%) le famiglie che potrebbero attivare una domanda di servizi domestici se fossero nelle condizioni economiche per farlo. A queste, peraltro, potrebbe aggiungersi la domanda potenziale di servizi forniti da lavoratori a domicilio da parte di quelle famiglie, soprattutto composte da anziani, nelle quali i compiti di cura, assistenza e pulizia sono svolti da uno o più membri della famiglia per i quali sarebbe vantaggioso il supporto di un collaboratore esterno (19,3%). D’altra parte, secondo il Censis, il 65,5% delle famiglie sarebbe molto o abbastanza d’accordo sulla possibilità di dedurre fiscalmente alcune spese per il welfare, sostenute direttamente di tasca propria.
“Il lavoro svolto da colf, badanti e baby-sitter non è più da considerarsi di élite, ma al contrario – conclude il presidente Assindatcolf, Renzo Gardella – riguarda la vita di milioni di famiglie, anche quelle meno abbienti. Per aiutarle, l’unico strumento sostenibile è quello della deducibilità totale del costo del lavoro domestico. La strada più veloce è certamente quella tracciata dall’iter della legge di stabilità 2016 in Parlamento, ma, se questo non dovesse avvenire, Assindatcolf continuerà a lavorare con impegno affinché le nostre istanze vengano comunque accolte dalle istituzioni”.