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Europasia: dopo 7 anni torna segno ‘più’ per arrivi e introiti del turismo

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Roma, 4 ago. (Labitalia) – Nel primo trimestre 2015, gli arrivi negli esercizi ricettivi sono stati oltre 16 milioni di unità e le presenze quasi 49 milioni, con aumenti, rispetto al primo trimestre del 2014, dell’1,4% e dello 0,3%. Il trend positivo si è incrementato nei mesi successivi e, dopo sette anni consecutivi con segno meno il 2015, si presenta come l’anno della ripresa grazie anche ad Expo e al Giubileo che inizierà l’8 dicembre. Almeno stando ai dati finora disponibili ad Europasia, che ha fatto analisi e previsioni sull’anno turistico 2015 per il nostro paese.
Traducendo in cifre, i dati parlano di 375-380 milioni di presenze (giorni-turista), un giro d’affari, compreso l’indotto, di 166 miliardi di euro (il 10,6% del pil) e un’incidenza sull’occupazione dell’11,4%. “Belle cifre, niente da dire, ma prima di abbandonarsi ai facili italici entusiasmi è bene fare qualche paragone”, avverte il presidente di Europasia, Achille Colombo Clerici.
“La ripresa del turismo italiano – spiega – si inserisce in un boom mondiale senza precedenti con 1.138 milioni di persone in giro per piacere, per cultura o per affari. A fronte di un più 3% medio dell’Unione europea, che già non brilla a causa della concorrenza di mete esotiche in continenti oggi più facilmente raggiungibili, per l’Italia si prevede un incremento dell’1,8%: manteniamo, è vero, il quinto posto al mondo per presenze e il sesto per spese dei turisti, ma siamo insidiati, per citare, addirittura dalla Thailandia”.
A sostenere il settore restano, come al solito, gli stranieri. Pur rappresentando meno della metà del movimento turistico complessivo, sono in continua crescita dal 2010 limitando i danni delle forti contrazioni interne dovute alla recessione e innescando la ripresa. A cominciare da Expo, per il quale sono previsti 8 milioni di stranieri in più, che genereranno una spesa aggiuntiva stimata in 5,4 miliardi su un totale, sempre straniero, di quasi 50 miliardi previsto quest’anno.
Ma si discosta sempre di più il trend italiano da quello del resto del mondo, nonostante il prodotto del made in Italy più apprezzato all’estero sia la qualità della vita: ciò fa dire alla maggior parte dei cittadini dei Paesi più avanzati che, se potessero scegliere senza problemi, vorrebbero vivere in Italia.
Quali allora le cause della dicotomia tra percezione dell’Italia e afflusso dei turisti stranieri? “Troppa dipendenza – sottolinea Colombo Clerici – dai flussi provenienti dai paesi occidentali, pericolosa nel caso di nuovi problemi economici nel Vecchio Continente: in particolare la Germania, seguita a lunga distanza da Usa, Francia, Regno Unito, Svizzera, copre oltre un terzo delle presenze e delle spese totali”.
E ancora: “Troppa stagionalità, con 15 regioni che registrano oltre il 50% delle presenze nei tre mesi estivi. Troppa concentrazione nel Centro-Nord, il 60%: il Meridione, che pure avrebbe una vocazione naturalmente turistica, copre soltanto il 20% del fatturato complessivo del settore. La Sicilia, con il suo immenso patrimonio culturale, paesistico, enogastronomico ha un decimo dei turisti delle Baleari”.
“Prendiamo il caso Cina. La Francia, nostro principale competitor, con la propria compagnia di bandiera ha 49 voli settimanali diretti con la Cina, l’Alitalia zero. Scarsa presenza nelle classifiche internazionali per turismo business e congressuale. Ci salviamo solo per un aspetto: siamo al primo posto nel mondo sul tema del cibo, dove superiamo Francia e Giappone nel ranking internazionale”, assicura Colombo Clerici.
E’ indispensabile, quindi, intercettare i ‘nuovi’ turisti, i ‘benestanti’ dei paesi emergenti che detteranno le tendenze. “E comunque non basterà, perché occorrerà poi intervenire – puntualizza – sui ritardi strutturali che si sono accumulati nell’ultimo periodo, attirando i flussi in arrivo dall’Oriente, con indiani e cinesi che preferiscono orientarsi su Parigi e Berlino tra le grandi capitali europee”.
“La Cina, che è salita al primo posto per spesa turistica complessiva nel mondo, in Italia – ricorda Colombo Clerici – è soltanto ottava: nell’ultimo anno gli arrivi sono saliti del 133% ma si limitano a 2,7 milioni di presenze. E c’è sempre da capire quanti siano realmente per turismo e quanti siano in visita dai parenti delle comunità locali. Senza i flussi dai paesi emergenti, il settore non potrà reggere il terzo posto in classifica per entrate dall’estero, dopo la moda e l’automotive”.
Quanto al turismo balneare, è considerato un settore maturo e ha perso la sfida con la concorrenza che preferisce altre mete, come la Spagna, la Grecia (a prescindere dai problemi di quest’anno) e la Turchia. “Per fortuna abbiamo le città d’arte: un terzo del turismo – afferma – è rappresentato da chi viene nel nostro Paese per il suo patrimonio artistico e culturale. Non a caso, la parte più consistente la coprono gli stranieri, con il 62% delle presenze”.
A ciò si deve unire il primato riconosciuto nel mondo per le eccellenze legate all’enogastronomia di qualità. “Questo spiega anche – aggiunge – il successo degli agriturismi. Negli ultimi anni il turismo enogastronomico, che permette di valorizzare in modo sostenibile i percorsi di strade secondarie e abbandonate, creando ‘greenways’, ha evidenziato un trend positivo, come è testimoniato dalla crescita costante su base annua di circa il 12%. Forte anche la riscoperta dei piccoli borghi”.
Insomma, a fronte di grandi potenzialità, l’Italia del turismo continua a perdere competitività. Secondo il presidente di Europasia Colombo Clerici, questi i motivi: “La struttura alberghiera, che è soddisfacente per il settore medio-alto, è carente per il turista medio che chiede sistemazioni confortevoli e prezzi modici; sono assenti i grandi tour operators, inadeguata la strategia dei trasporti aerei praticata dalle compagnie”.
“Ma soprattutto – prosegue – l’Italia del ‘fai-da-te’, legata al campanile, è priva di un sistema nazionale. Manca una strategia unitaria di comunicazione internazionale”.
“Nel propagandare il turismo, l’Italia non può dividersi in venti, quante sono le Regioni, impegnate più a strapparsi il cliente l’una con l’altra che non a sottrarlo ad altri Paesi”, conclude.