Home Nazionale “Il progetto del ‘braccialetto’ promosso dall’associazione FedEmo non può che essere sostenuto – ha scritto in un messaggio il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – in quanto finalizzato a facilitare la cura e l’assistenza sanitaria nelle fasi di primo soccorso, garantendo l’identificazione del paziente e l’accesso ai dati clinici da parte del personale sanitario. Credo che dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti possibili per accrescere la sicurezza personale del paziente emofiliaco, tanto nell’attività quotidiana che nella pratica sportiva. Perché lo sport, è indubbio, arreca grandi benefici se praticato nel rispetto di appositi protocolli di profilassi”.

“Il progetto del ‘braccialetto’ promosso dall’associazione FedEmo non può che essere sostenuto – ha scritto in un messaggio il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – in quanto finalizzato a facilitare la cura e l’assistenza sanitaria nelle fasi di primo soccorso, garantendo l’identificazione del paziente e l’accesso ai dati clinici da parte del personale sanitario. Credo che dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti possibili per accrescere la sicurezza personale del paziente emofiliaco, tanto nell’attività quotidiana che nella pratica sportiva. Perché lo sport, è indubbio, arreca grandi benefici se praticato nel rispetto di appositi protocolli di profilassi”.

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Roma, 13 apr. (AdnKronos Salute) – Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia è soggetto a numerose emorragie. Solo in Italia soffrono di questa malattia rara genetica oltre 4.300 persone, soprattutto uomini, mentre in Europa i pazienti sono circa 31.000 tra le forme A e B. Ma è ormai è assodato che l’attività fisica è la miglior forma di prevenzione a tutela della salute, anche per coloro che comunemente e impropriamente sono ritenuti meno idonei, come gli emofilici. E’ con questo spirito che oggi a Roma presso la sede del Coni si è tenuto un evento Fedemo sul tema ‘Le nuove frontiere dello sport in emofilia’, per celebrare l’XI Giornata mondiale dell’emofilia. Presentato il progetto Marathon, un programma di allenamento ideato per tre atleti emofilici che gareggeranno alla Maratona di New York.
“Fare la maratona non sarà una semplice corsa, è la realizzazione di un sogno”, ha detto Enrico Mazza, che correrà insieme a Francesco Fiorini e Luca Montagna indossando i bracciali Sa.Me.Da. Life, che contengono tutte le informazioni utili al pronto intervento. In caso di emergenza/urgenza, il sistema garantisce l’identificazione della persona da parte del personale sanitario e l’accesso ai suoi dati direttamente sul luogo del sinistro, tramite smartphone o computer, evidenziando eventuali aspetti medici da tenere in considerazione nelle operazioni di primo soccorso. Il bracciale è già stato sperimentato in campo sportivo dai meccanici della scuderia della Toro Rosso e attualmente in uso presso Csai (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana) in 5 Campionati Italiani tra cui il prestigioso Campionato Italiano Gran Turismo.
“L’incontro di oggi – spiega il Presidente FedEmo, Cristina Cassone – è un’occasione di confronto per proposte finalizzate a migliorare l’accesso alla pratica sportiva, superando alcuni degli attuali ostacoli che lo rendono spesso complicato per le persone affette da questa patologia”.
“L’emofilia – aggiunge Chiara Biasoli, Responsabile Centro Emofilia di Cesena – è culturalmente intesa come riduzione di tutte le attività motorie a causa del rischio di incorrere in emorragie. Lo sport, invece, è l’esaltazione del movimento, simbolo di vita di relazione e di benessere. La conseguenza di questa contrapposizione è il rischio concreto per il paziente emofilico di essere escluso dal gruppo e suscitare un sentimento di diversità. Oggi i pazienti possono fare affidamento su trattamenti terapeutici di profilassi che evitano l’insorgenza della artropatia emofilica ed evitano di conseguenza la paura del ruolo che la traumatologia sportiva possa avere sulla stessa artropatia”.