Home Nazionale Intervento tardivo nel 70% dei casi, in arrivo il farmaco che si ‘inspira’

Intervento tardivo nel 70% dei casi, in arrivo il farmaco che si ‘inspira’

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Vienna, 30 mar. (AdnKronos Salute) – “La marea monta piano piano” e sfocia in una crisi esplosiva, che da semplice irrequietezza, violenza verbale o agitazione può diventare aggressività distruttiva, pericolosa per se stessi e per gli altri, e in casi estremi addirittura potenzialmente mortale. Gli psichiatri la chiamano agitazione psicomotoria e calcolano che a rischiarla siano circa 500 mila italiani ogni anno considerando tutte le forme, da molto lievi a molto gravi. “Colpisce in particolare pazienti affetti da una malattia mentale, ma non solo: può essere scatenata anche dall’abuso di alcol e droghe, cannabis ma soprattutto ecstasy e sostanze anfetamino-simili”. Dipendenze in crescita. A lanciare l’Sos è Emilio Sacchetti, presidente della Sip (Società italiana di psichiatria), in occasione di un simposio organizzato a Vienna nell’ambito del 23esimo Congresso dell’Epa, l’Associazione europea di psichiatria.
Una diagnosi certa è possibile solo in centri specializzati e qualificati, avvertono gli esperti: l’agitazione patologica è riferibile a un disturbo psicotico (schizofrenia o sindrome bipolare) nel 35% dei casi, a disturbi dell’umore nel 29%, a quelli d’ansia in oltre il 20%, a disturbi di personalità nel 17% e nel 14% dei casi ad abuso e dipendenza. A volte rappresenta un campanello d’allarme che porta alla diagnosi di una patologia sconosciuta. Ma possono pesare anche problemi neurocognitivi, demenze comprese, alcuni disturbi del sonno, tumori cerebrali o altre malattie neurologiche, traumi cranici. Ad accendere la miccia possono esserci fattori individuali o relazionali, però sono determinanti i fattori ambientali: il contesto circostante diventa intollerabile a causa di richieste pressanti e continue di performance o aspettative, la psiche non regge e va ‘in tilt’. (segue)
In caso di crisi l’agitazione psicomotoria richiede interventi immediati, che spettano soprattutto ai pronto soccorso e ai servizi psichiatrici ospedalieri. Ma nella realtà spesso si arriva tardi: solo il 30% dei pazienti riceve assistenza entro 24 ore dai primi sintomi, mentre nel 41% dei casi l’intervento scatta anche 7 giorni dopo. Con un grave danno per la persona, che nel frattempo può farsi o fare del male. Non solo: nei casi più gravi le manifestazioni dell’attacco contribuiscono ad alimentare lo stigma e i pregiudizi nei confronti dei disturbi mentali e di chi ne soffre.
“L’agitazione psicomotoria – precisa Sacchetti – è uno stato che può essere prevenuto e controllato. La strategia di cura comprende l’offerta di un ambiente protetto e silenzioso, con luce bassa e senza stimoli esterni, e l’assistenza da parte di personale preparato, disponibile ed empatico. Assolutamente da evitare a casi estremi il ricorso alla contenzione fisica, l’ultima spiaggia per l’inevitabile sentimento di violenza subito che genera nel paziente e può compromettere i tempi di risposta clinica e il rapporto di fiducia con medici e infermieri”. Sul fronte dei farmaci, i più usati sono antipsicotici e benzodiazepine che oggi vengono spesso somministrati per via iniettiva. Ma a volte è un’impresa, considerata la violenza degli attacchi più gravi. Una novità è all’orizzonte: per l’inizio del 2016 l’antipsicotico loxapina sta per arrivare in Italia in una formulazione inalatoria per bocca.