Home Nazionale La ricerca, parità di genere? entro il 2030 ma per legge

La ricerca, parità di genere? entro il 2030 ma per legge

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Roma, 26 ott. (Labitalia) – La parità di genere in azienda? Sembra proprio che potrà essere raggiunta, nel medio periodo, solo attraverso misure imposte dalle normative. Almeno stando ai risultati della ricerca realizzata da Weber Shandwick, azienda multinazionale leader nelle relazioni pubbliche. Il 73% del top management, a livello mondiale, ritiene che entro il 2030 le donne occuperanno i vertici di grandi aziende multinazionali, in numero uguale a quello degli uomini. Tuttavia, la maggior parte dei dirigenti intervistati (56%) sottolinea che le proprie aziende non hanno stilato obiettivi formali che potrebbero trasformare questa aspettativa in realtà e solo 4 su 10 (39%) identifica la diversità di genere nel management come una priorità aziendale, posizionandosi settima tra le 10 priorità indicate. In assenza di azioni più incisive, sembra che le donne manager stiano sviluppano una “stanchezza nella gestione dei processi legata al genere”.
“La nostra ricerca -dichiara Gail Heimann, presidente di Weber Shandwick- evidenzia un paradosso nel percorso per raggiungere la parità di genere entro il 2030. Diversi fattori stanno spingendo la parità di genere in avanti e contemporaneamente la stanno facendo arretrare”. “Le aziende devono prepararsi ora ad accettare le donne nel proprio top management -avverte- e iniziare ad agire oggi per sostenere un cambiamento nel futuro. Questa ricerca, condotta a livello globale tra i decision-makers, evidenzia infatti un evidente senso di urgenza nell’agire adesso, se vogliamo raggiungere la parità di genere nella leadership aziendale nel medio periodo”.
“La buona notizia -afferma Leslie Gaines-Ross, chief reputation strategist di Weber Shandwick- è che ora siamo a un punto che ricorda i grandi movimenti sociali del passato, in cui i periodi di inerzia e di sostegno passivo sono stati bruscamente superati e gli obiettivi prefissati sono diventati improvvisamente realizzabili”. “La nostra ricerca -sostiene- rivela che questa continua pressione sta spingendo verso il raggiungimento della parità di genere. Un buon leader aziendale deve, quindi, prestare attenzione ai segni inequivocabili. Un approccio di business-as-usual che lascia le aziende senza un pool di donne in posizioni di alto livello avrà prima di tutto conseguenze negative in termini reputazionali”.
Più di due terzi dei dirigenti (68%) hanno notato una crescente copertura mediatica, attirando l’attenzione sulla questione della parità di genere. Queste percezioni coincidono con una realtà di fatto: dal 2010 il numero di articoli pubblicati in tutto il mondo sugli amministratori delegati donne è più che triplicato. Tra i dirigenti coinvolti negli sforzi di uguaglianza di genere, il 38% riconosce che una nuova visione legata alla diversità di genere porti l’azienda a una migliore performance finanziaria.
I dirigenti identificano l’influenza degli stakeholders come il principale fattore che, inevitabilmente, dimostrerà il valore dell’uguaglianza di genere nel top management. Le donne non di livello sono significativamente più motivate, rispetto ai loro coetanei maschi, nell’aspirare a una posizione di livello manageriale (76% contro 56%, rispettivamente).
Weber Shandwick raccomanda, poi, che i dirigenti e le loro aziende considerino le seguenti indicazioni per raggiungere una maggiore uguaglianza di genere: segui i leader; i dati contano; avere ceo illuminati è essenziale; valorizza i talenti; ignorare i media è quanto mai rischioso; comunica, non giocare sull’equivoco; sostieni la visibilità delle donne manager; sono in arrivo scorecard, persegui una politica di riconoscimento; usa uno storytelling avvincente.