Home Nazionale ‘La vita in gattabuia’, quando Coulibaly girò un documentario segreto sulle condizioni in carcere /Video

‘La vita in gattabuia’, quando Coulibaly girò un documentario segreto sulle condizioni in carcere /Video

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Parigi, 13 gen. (AdnKronos) – Amedy Coulibaly, autore degli attacchi a Montrouge e al minimarket kosher di Porte de Vincennes a Parigi che hanno provocato la morte di cinque persone, ha partecipato ad un documentario trasmesso nel 2009 da ‘Envoyé spécial’ su France 2 sulla vita carceraria. Nel filmato, Coulibaly e altri quattro detenuti denunciano le condizioni di detenzione a Fleury-Mérogis, la prigione più grande d’Europa.
Mentre era in carcere con l’accusa di rapina, Coulibaly aveva introdotto una videocamera all’interno e con gli altri aveva girato in segreto la vita quotidiana per denunciare le condizioni scarse di igiene, testimoniare il sovraffollamento delle celle e mostrare “le viscide pareti” delle docce, come riporta Le Monde.
Da questo documentario è nato un libro, ‘Reality-Taule au-delà des barreaux’ (‘Reality-Gattabuia, al di là delle sbarre’). L’autore della strage a Porte de Vincennes appare di schiena sulla copertina del libro nel quale viene fuori una realtà carceraria fatta di droga, denaro, regolamenti di conti, suicidi e videogiochi.

Di pochi giorni fa invece il video “Soldat du califat”, postato domenica scorsa sul web, in cui Coulibaly afferma di aver coordinato la sua azione “contro la polizia” con l’attacco contro Charlie Hebdo compiuto dai fratelli Kouachi. Rivendicando gli attacchi e la sua appartenenza allo Stato Islamico, l’autore della strage al supermarket kosher racconta di aver versato denaro ai fratelli Kouachi per acquistare il materiale necessario al loro assalto alla redazione del settimanale satirico.
La settimana scorsa, inoltre, era emersa la partecipazione di uno dei due fratelli Kouachi, Chérif, ad un documentario del 2005 del programma d’inchiesta ‘Pièces à conviction’, trasmesso da France 3, dedicato al terrorismo. L’inchiesta, diffusa in seguito al suo arresto legato ad una filiera di reclutamento per l’invio di combattenti in Iraq, raccontava il suo indottrinamento.