Home Nazionale Mafia:pentito Galatolo, non solo boss per attentato a pm Di Matteo

Mafia:pentito Galatolo, non solo boss per attentato a pm Di Matteo

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Palermo, 7 mag. (AdnKronos) – Non ci sarebbero stati solo boss mafiosi dietro il progetto di attentato al pm Nino Di Matteo, ordinato dal latitante Matteo Messina Denaro. Ma il capomafia avrebbe voluto coinvolgere anche “soggetti estranei a Cosa nostra”. Con tanto di copertura “di apparati dello Stato”. La rivelazione è del pentito di mafia Vito Galatolo al processo trattativa tra Stato e mafia. Messina Denaro in una delle due lettere inviate nel 2012 a Girolamo Biondino che poi le mostrò a Galatolo, aveva fatto riferimento a un “artificiere estraneo a Cosa nostra”. “Quando sapemmo che l’artificiere che doveva partecipare all’attentato al pm Di Matteo non era di Cosa Nostra, capimmo che dietro al piano c’erano soggetti estranei alla mafia, come nelle stragi del ’92. Messina Denaro ci disse che avevamo le giuste coperture, apparati dello Stato”, ha spiegato. “Se l’uomo di Messina Denaro fosse stato di Cosa nostra avremmo dovuto sapere tutto su di lui. Fare un atto così eclatante senza sapere chi fosse coinvolto, era impossibile. Non esiste una cosa del genere”, ha detto.
“Messina Denaro – ha detto ancora – ci disse che non dovevamo preoccuparci perché avevamo le giuste coperture, non come nel ’92 dopo le stragi Falcone e Borsellino, apparti dello Stato”. Poi, il collaboratore ha parlato ancora dell’attentato progettato da Cosa nostra per eliminare il pm Di Matteo. “Ci volevano 500 mila euro per fare l’attentato. Solo io ho messo 360 mila euro di tasca mia – dice ancora il pentito – Io ho visto il tritolo, era arrivato dalla Calabria e Vincenzo Graziano lo ha conservato in un luogo dove non sarebbe stato trovato da nessuno. L’ho visto nel marzo 2013, ricordo che era di pomeriggio. Ho avuto il tempo di andare a casa a Palermo e prendere il motorino, siamo andati all’Arenella in un fabbricato e in un piano terra ho visto i bidoni”.
Secondo il progetto di morte il pm Di Matteo, presente all’udienza di oggi, si doveva fare all’ingresso del tribunale. “Si era progettato di farlo all’ingresso del tribunale, dove entrano i detenuti, con il tritolo a bordo di un furgoncino con scritta ‘caffè’. Ma non se ne fece più nulla perché era nato un problema: non potevamo trovare una casa operativa per vedere quando entrava e usciva Di Matteo dal tribunale e si pensava di farlo in un luogo estivo dove il magistrato andava in vacanza”.