Home Nazionale Milano: Roda, io sindaco? Lo farei volentieri, voglio dedicarmi al Paese

Milano: Roda, io sindaco? Lo farei volentieri, voglio dedicarmi al Paese

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Milano, 20 nov. – (AdnKronos) – Di idee ne ha tante. Tempo pure. Sicuramente ha voglia di dedicarsi al suo Paese. Luca Roda, il signore del pret-a-porter, amministratore delegato della sua casa di moda che ha recentemente venduto al fondo veneto Sinv, racconta all’Adnkronos come il suo nome sia finito nella rosa ristrettissima dei candidati sindaci di Milano per il centrodestra. Oltre al direttore de ‘Il Giornale’ Alessandro Sallusti e a quello dell’avvocato divorzista Anna Maria Bernardini De Pace, il nome di Roda sarebbe stato ‘sponsorizzato’ a Silvio Berlusconi da Guido Possa, classe 1937, milanese, ingegnere nucleare, deputato, viceministro all’Istruzione e all’università con Letizia Moratti, poi senatore, compagno di scuola e di banco dai Salesiani dell’ex premier e capo per anni della sua segreteria in Fininvest.
Io sindaco di Milano? “Premetto: di nomi papabili, più esperti e forse illustri del mio ce ne sono. Detto questo -afferma Roda- non nego che, con i giusti presupposti, mi piacerebbe”. Roda racconta di essere stato contattato dal centrodestra “circa un mesetto fa, ma in modo soft. Diciamo che ho condiviso alcune idee per cercare di rendere il capoluogo lombardo ancora più internazionale”. Nonostante la popolarità raggiunta dalla città nel dopo Expo “credo che Milano -dice Roda- negli ultimi vent’anni abbia perso quel treno che ha portato realtà come Barcellona, Parigi e Londra a diventare metropoli cosmopolite. Certo, Milano è la capitale della moda, del fashion, del food, ma potrebbe ora fare un ulteriore passo di qualità e vivere stagioni ancora più importanti”.
Poco importa se non è milanese di nascita. “Mi sento milanese al 100%. A Milano ho vissuto e lavorato”. Ma il punto, per l’imprenditore è altro. “Ritengo che l’imprenditoria italiana, negli ultimi anni, si sia occupata troppo poco del Paese” presa com’era, anche per la lunga crisi attraversata “ad occuparsi delle proprie aziende per cercare di farle andare avanti, farle crescere. Ma forse abbiamo delegato troppo alla politica la guida e lo sviluppo del Paese. Abbiamo lasciato troppo spazio ai politici” che alla fine hanno dato in alcuni momenti l’impressione di “essere una categoria troppo autoreferenziale”.