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Patrimonio immobiliare obsoleto, il settore punta sulla riqualificazione

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Roma, 23 gen. (AdnKronos) – Un patrimonio immobiliare obsoleto che deve puntare sulla riqualificazione anche grazie a una politica di incentivi. Una direzione che porta vantaggi in termini di qualità della vita ed economici. Così Luca Dondi, direttore generale di Nomisma, racconta all’Adnkronos la situazione e le tendenze del patrimonio immobiliare italiano.
“E’ un patrimonio assolutamente obsoleto in gran parte realizzato prima del 1971, per circa il 55%, e per oltre l’80% prima del 1991. Solo un parte residuale realizzata in epoca recente risponde a requisiti di efficienza e sostenibilità. Quindi l’intervento in termini di riqualificazione degli involucri ed efficientamento energetico è un elemento di primaria importanza per quanto riguarda le prospettive di crescita del settore”, sottolinea Dondi.
Ora infatti si registra un’inversione di tendenza. Il mercato, che per il passato “è cresciuto soprattuto grazie alla realizzazione di nuovi immobili, necessariamente nei prossimi anni dovrà essere guidato dalla componente relativa a manutenzione e riqualificazione”. “Sono fenomeni – spiega il direttore generale di Nomisma – che hanno già caratterizzato gli ultimi anni della crisi, in cui si è passati da un’incidenza in termini di fatturato superiore della parte di nuova realizzazione a un’incidenza superiore della parte di manutenzione straordinaria residenziale che oggi pesa per oltre 45 miliardi mentre quella di nuova realizzazione pesa meno di 20 miliardi di euro”. E “l’orientamento verso la riqualificazione caratterizzerà il settore immobiliare nei prossimi anni”.
Ma in cosa consiste? In pratica si tratta di interventi come il “rifacimento delle facciate, la sostituzione degli infissi, delle caldaie e di tutte le iniziative che riguardano sia la scatola, cioè l’esterno dell’unità abitativa, sia l’interno dal punto di vista dell’impiantistica con l’inserimento anche di elementi di efficienza energetica e di approvvigionamento da fonti sostenibili che non siano necessariamente fonti fossili”, spiega Dondi.
In questa direzione “deve essere fatto un piano di intervento che assecondi un movimento che il mercato ha già avviato e irrobustisca la componente di riqualificazione rispetto a quella di nuova realizzazione. Gli incentivi fiscali hanno dato un buon impulso a questo mercato che però ha bisogno di essere continuamente alimentato perché le dimensioni del patrimonio obsoleto sono rilevanti – prosegue Dondi – se pensiamo solo agli immobili più vecchi e inefficienti abbiamo circa due milioni e mezzo di edifici che richiedono investimenti per circa 100-110 miliardi euro, possibili solo in una logica di continuità degli incentivi”.
Da sottolineare i vantaggi che derivano da questa tendenza in termini di “salubrità dell’aria e di migliori condizioni di vita, grazie alle riduzioni delle emissioni” oltre che di “una migliore vendibilità degli immobili”. Anche le spese di intervento sono relative perché se è vero che “la riqualificazione comporta nell’immediato costi che hanno un orizzonte temporale di sei-sette anni per il rientro dell’investimento attraverso una riduzione delle bollette” è anche vero che i vantaggi in termini di qualità della vita “accorciano i tempi di ritorno” delle spese sostenute.