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Petrolio: M&G, conta sempre meno nell’inflazione

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Milano, 30 dic. (AdnKronos) – Anche se uno dei principali fattori che hanno consentito all’inflazione di rimanere bassa nonostante il vigore dell’economia nelle maggiori economie occidentali è stato il deprezzamento del petrolio, l’effetto del greggio a buon mercato sull’inflazione finale effettiva va calando. A spiegarlo è Richard Woolnough, gestore obbligazionario di M&G Investments.
Nel Regno Unito, ma anche in Italia, ricorda il gestore, “le variazioni dei prezzi petroliferi si fanno sentire sull’inflazione nel modo più diretto attraverso il prezzo della benzina. Il declino del costo del prodotto all’origine si traduce in un calo del prezzo alla pompa. Quest’ultimo, però, non dipende solo dal prezzo del petrolio, ma include i costi di trasporto, il margine al dettaglio e, soprattutto, tasse e accise”.
Secondo Petrolprices.com, il costo di un litro di benzina nel Regno Unito si può scomporre così: accisa 57,95 pence, prodotto variabile, distributore/consegna 5p, Iva 20%. Basandoci su questi dati, è possibile esaminare in che modo le variazioni del prezzo del petrolio (prodotto) possono incidere sull’inflazione complessiva.
Prevedibilmente, continua Woolnough, “non è un rapporto di uno a uno. A mano a mano che il prezzo del petrolio scende, l’impatto sul prezzo della benzina diventa meno significativo, in quanto rappresenta una quota sempre minore del prezzo totale alla pompa.
“Quindi – prosegue Woolnough – un calo del 50% del prezzo del petrolio da 160 a 80 dollari si traduce in una diminuzione del 35% del prezzo della benzina, da 267 a 172 pence”.
“Un ulteriore deprezzamento del petrolio del 50%, da 80 a 40 dollari – calcola il gestore – fa scendere la benzina del 28% e un declino del 50% da 40 a 20 dollari comporta una diminuzione di solo il 19% del prezzo alla pompa”.
“Al di là del fatto che – prosegue il gestore – essendo il petrolio quotato in dollari Usa, anche il cambio sterlina/dollaro influenza il prezzo alla pompa, il deprezzamento del greggio ha un effetto via via minore sul prezzo finale del carburante”.
“Esiste poi – continua Woolnough – un effetto secondario dei prezzi petroliferi deboli: a mano a mano che il prezzo cala, diminuisce anche la relativa quota nel paniere di inflazione. Di conseguenza, la diminuzione del prezzo dell’energia diventa meno rilevante ai fini dell’inflazione complessiva”.
“La spinta discendente dei prezzi petroliferi – conclude il gestore – si sta avvicinando alla fine e produce un effetto sempre minore sull’inflazione. Considerando la scarsità in altre aree, come il mercato del lavoro, saremmo sorpresi di vedere un’inflazione ancora così bassa nel 2016. La pressione al ribasso esercitata dai prezzi petroliferi sul tasso di inflazione continuerà a indebolirsi con la progressiva avanzata del mercato ‘orso’ per il petrolio”.

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