Home Nazionale Ricerca: Alzheimer ‘contagioso’, possibile trasmissione da persona a persona

Ricerca: Alzheimer ‘contagioso’, possibile trasmissione da persona a persona

0

Roma, 10 set. (AdnKronos Salute) – Studio shock sulla malattia che ruba i ricordi. L’Alzheimer infatti potrebbe essere trasmesso da paziente a paziente, attraverso alcune procedure mediche. E’ quanto emerge da uno studio su otto soggetti relativamente giovani, pubblicato su ‘Nature’. La placca beta amiloide nella materia grigia e nelle pareti dei vasi sanguigni, caratteristica dell’Alzheimer, e l’angiopatia amiloide cerebrale sono state infatti osservate nel cervello di questi pazienti deceduti, che avevano contratto la malattia di Creutzfeldt-Jakob (Cjd) dopo un trattamento con ormone della crescita contaminato da prioni.
“Anche se non ci sono prove che la malattia prionica umana sia contagiosa (cioè si diffonda da persona a persona attraverso il contatto diretto), lo studio di questi otto pazienti – riferiscono gli autori – suggerisce che il peptide beta amiloide (principale componente delle placche amiloidi presenti nel cervello dei pazienti con Alzheimer) possa essere potenzialmente trasmissibile attraverso alcune procedure mediche”. Il lavoro, destinato a far discutere, è stato firmato dal team di John Collinge dell’University College London (GB). E’ già nota la trasmissione umana della malattia da prioni come risultato di varie procedure mediche (trasmissione iatrogena), con periodi di incubazione che possono superare i cinque decenni.
Questo problema si è verificato nel Regno Unito, dove 1.848 persone di bassa statura sono state trattate con l’ormone della crescita umano estratto dalla ghiandola pituitaria di cadaveri, alcuni dei quali erano contaminati da prioni. I trattamenti iniziati nel 1958 si interruppero nel 1985, proprio a seguito delle segnalazioni di casi di Cjd tra i pazienti. Entro il 2000 ben 38 persone avevano sviluppato la malattia.
Ma non si tratta di un caso unico. A partire dal 2012, 450 casi di Cjd iatrogena sono stati identificati in diversi Paesi dopo un trattamento con ormone della crescita da cadavere e, in misura minore, dopo altre procedure mediche, tra cui trapianti e neurochirurgia. John Collinge, Sebastian Brandner e altri colleghi del team hanno condotto così studi autoptici analizzando anche una vasta campionatura di tessuto cerebrale, su otto pazienti britannici dai 36 ai 51 anni, tutti con Cjd iatrogena.
Gli autori dimostrano che, oltre alla malattia da prione in tutti i cervelli campionati, in sei di questi c’era un certo grado di patologia beta amiloide (in quattro era diffusa) e in quattro di questi un certo grado di malattia di Alzheimer. Quest’ultima è una patologia “rara in questa fascia di età”, notano gli autori. Inoltre nessuno dei pazienti presentava le mutazioni associate con l’insorgenza precoce dell’Alzheimer. Non c’erano ancora segni di patologia della proteina tau, caratteristica della malattia della memoria, ma il quadro completo si sarebbe potuto sviluppare se i pazienti fossero vissuti più a lungo, notano gli autori.
Gli scienziati hanno poi esaminato una coorte di 116 pazienti con altre malattie da prioni, senza trovare tracce di patologia beta amiloide nel cervello dei soggetti di età simile o dieci anni più vecchi rispetto ai primi otto, ma che a differenza di questi ultimi non avevano ricevuto un trattamento con ormone della crescita umano.
Lo studio “suggerisce dunque – afferma Collinge – che persone sane esposte a un trattamento con ormone della crescita da cadavere possono essere a rischio di malattia di Alzheimer iatrogena e di angiopatia amiloide cerebrale, così come di Cjd iatrogena, man mano che invecchiano”.
Sono necessarie “ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi coinvolti”, evidenziano gli autori. Ma sembra probabile che, proprio come i prioni, le ghiandole pituitarie utilizzate per ricavare l’ormone della crescita contenessero i ‘semi’ di beta amiloide che hanno causato la patologia. I risultati dovrebbero dunque, secondo gli scienziati, aprire la strada a “rapide indagini” su altre possibili vie di trasmissione iatrogena dei prioni, compreso l’uso di strumenti chirurgici e le trasfusioni di sangue: alcune cure potrebbero essere rilevanti per la trasmissione del morbo di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative.