Home Nazionale Ricerca: con gambe ‘bioniche’ pazienti amputati tornano a camminare

Ricerca: con gambe ‘bioniche’ pazienti amputati tornano a camminare

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Roma, 16 mar. (AdnKronos Salute) – Nuovi sistemi robotici, leggeri e indossabili, autentiche ‘gambe bioniche’, restituiscono la possibilità di una camminata più efficiente e con minore sforzo fisico a persone che hanno subìto l’amputazione degli arti inferiori, al di sopra del ginocchio, riducendo il rischio di cadute e imprimendo ai movimenti la regolarità di una falcata ritmica e sicura. E’ il risultato ottenuto grazie al progetto europeo triennale ‘Cyberlegs’ (The CYBERnetic LowEr-Limb CoGnitive Ortho-prosthesis) appena concluso e finanziato dalla Commissione Ue con 2.5mln di euro, suddivisi tra 5 istituzioni riunite in consorzio, con il coordinamento dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
I test, che da agosto 2014 hanno coinvolto 11 volontari a cui erano stato amputato uno degli arti inferiori, sono stati condotti alla Fondazione Don Carlo Gnocchi di Firenze e confermano l’efficacia delle rivoluzionarie applicazioni. I risultati ottenuti da ‘Cyberlegs’ saranno illustrati nel meeting conclusivo in programma domani alla Fondazione Don Gnocchi a Firenze. Al consorzio hanno aderito come partner docenti universitari da tutta Europa in rappresentanza di importanti istituzioni, come Renaud Ronsse (Université catholique de Louvain, Louvain la Neuve, Belgio); Dirk Lefeber e Romain Meeusen (Vrije Universiteit Brussel, Brussel, Belgio); Marko Munih e Roman Kamnik (Univerza v Ljubljani, Ljubljani, Slovenia); il cardiologo Raffaele Molino-Lova (Fondazione Don Carlo Gnocchi, Firenze). Il progetto Cyberlegs è stato lanciato nel 2012 da Maria Chiara Carrozza, allora rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e bioingegnere.
Le malattie del sistema vascolare periferico sono la principale causa di amputazione agli arti inferiori (sono definite amputazioni vascolari) e, in totale, circa l’80% delle amputazioni rientra in quelle di tipo vascolare. Fra tutte le possibili amputazioni, quelle transfemorali (al di sopra del ginocchio) risultano particolarmente invalidanti. Gli amputati transfemorali devono sostenere uno sforzo fisico e cognitivo più intenso e anche il loro cammino, qualora sia amputato anche un solo arto, appare meno stabile. In Europa gli amputati transfemorali sono stimati in circa 30 mila ogni anno.
In questo contesto si è sviluppato il progetto ‘Cyberlegs’ che ha raggiunto l’obiettivo di testare in via preliminare nuove tecnologie robotiche indossabili per aiutare gli amputati transfemorali a recuperare un cammino più naturale ed efficiente, sviluppando applicazioni che hanno già dimostrato la loro funzionalità nelle settimane di test pre-clinici condotti a Firenze. Il sistema ‘Active Pelvis Orthosis’ agevola il movimento. Il progetto ha messo a punto un’ortesi bilaterale di bacino (un sofisticato tutore), robotizzata e capace di assistere il movimento che permette di flettere e di estendere l’anca. Il dispositivo, che appare contenuto in una sorta di zainetto, è stato progettato per essere ergonomico e quindi adattarsi alla schiena senza alterarne la postura. In virtù di un meccanismo che segue la naturale biomeccanica dell’anca la coppia che permette il movimento risulta sempre allineata con l’asse che garantisce la sua estensione e la sua flessione. Questo dispositivo agisce attraverso batterie, presenta un’autonomia di tre ore e permette agli amputati di camminare tanto all’interno quanto all’esterno.
Utilizzando schemi di controllo bio-ispirati, basati su quelle che vengono definite ‘primitive motorie’, e usando attuatori (sistemi di movimento), il dispositivo non pone ostacoli alla capacità e all’intenzione motoria della persona amputata che lo indossa e che riceve un’assistenza motoria gentile e naturale, se e quando è necessario.
“A ogni passo l’ortesi robotizzata – commenta Nicola Vitiello, coordinatore di ‘Cyberlegs’ – fornisce all’amputato un surplus di energia e permette in questo modo di ripristinare un cammino più fisiologico. Durante il progetto questo dispositivo è stato testato con successo da sette amputati, che hanno potuto interagire con il dispositivo in maniera intuitivo e, al tempo stesso, sperimentando un cammino più fisiologico”.
La protesi transfemorale robotica, il sistema di sensori indossabili, la scarpa ‘intelligente’ per camminare di nuovo. La nuova protesi transfemorale motorizzata permette di camminare, di sedersi, di salire o di scendere le scale, dimenticando la sedia a rotelle. In virtù dell’utilizzo di elementi elastici passivi, uniti ad attuatori elettromagnetici che permettono il movimento sia per il giunto del ginocchio sia della caviglia, la protesi permette alla persona amputata di riprendere un cammino più fisiologico ed efficiente dal punto di vista energetico. Da una parte, i motori possono fornire energia durante la fase di appoggio, dall’altra parte gli elementi elastici passivi possono assorbire l’impatto con il terreno, garantendo la naturale flessione del ginocchio durante la fase del carico. In aggiunta, i motori forniscono assistenza nel passaggio dalla postura seduta a quella eretta e viceversa.
L’interfaccia con la protesi è ottenuta attraverso sensori che possono essere indossati, costituiti da scarpe “intelligenti”, equipaggiate con sensori di pressione ed una rete di sette sensori inerziali, solidali con ciascuno dei sei principali segmenti anatomici degli arti inferiori e con il tronco. Grazie ai dati forniti da questi sensori, un sistema di controllo intelligente può riconoscere il movimento desiderato dalla persona amputata e tradurre tale intenzione in comandi di movimento che si trasmettono ai motori della protesi. Nel corso del progetto sei amputati transfemorali hanno provato la protesi con successo, svolgendo compiti motori quali camminare, sedersi, alzarsi, salire le scale.
Il progetto ‘Cyberlegs’ ha affrontato altre due sfide scientifiche. La prima riguardava la creazione di un collegamento bidirezionale con la protesi. Il progetto ha sviluppato un sistema miniaturizzato che la persona può indossare e attraverso i quali ricevere una sorta di ritmo, che gli permette di riprendere e di mantenere un cammino più simmetrico. La seconda sfida era dedicata al rischio di cadute. Il progetto ha messo a punto strategie per riconoscere in tempo reale un possibile scivolamento. “L’idea – spiegano i ricercatori – che sarà sviluppata in un’ottica di lungo periodo, è che il sistema robotico possa fornire un’assistenza che mitighi il rischio di caduta, dopo aver riconosciuto in tempo reale l’inizio dello scivolamento”.
Con i risultati ottenuti, ‘Cyberlegs’ ha aperto la strada verso una nuova generazione di sistemi robotici protesici e ortesici. Nel futuro, le tecnologie derivate dal progetto saranno ancora ingegnerizzate e validate nella pratica clinica, in maniera sistematica. “Nel lungo periodo – conclude Vitiello – è possibile immaginare che queste tecnologie saranno adottate in maniera progressiva e che il loro impatto sulla società sarà tangibile. Le persone amputate potranno contare su una nuova generazione di sistemi robotici leggeri per ottenere una più alta mobilità, unita a una migliore qualità della vita”.