Home Nazionale Sanità: Aodi, in strategia dell’Is medici e infermieri centrali

Sanità: Aodi, in strategia dell’Is medici e infermieri centrali

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Roma, 23 mar. (AdnKronos Salute) – Studenti in medicina, dottori, infermieri, fisioterapisti. Sono professionisti particolarmente importanti nella strategia del Califfato islamico che li corteggia attraverso i suoi strumenti di propaganda e punta ad arruolarli. Non solo per curare i combattenti, ma anche e soprattutto “per offrire servizi alla popolazione aprendosi un varco di ‘simpatia’, farsi accettare e guadagnare consenso. Le cure sono infatti una merce di scambio importante”, spiega all’Adnkronos Salute Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e della Comunità del mondo arabo in Italia (Co.Mai).
La strategia emerge dal monitoraggio dei siti legati all’Is: “Dare servizi sociali e sanitari alla popolazione – afferma – permette di apparire come benefattori. Le dottoresse e le infermiere, in particolare, sono importanti, per poter curare le donne musulmane. Così come i fisioterapisti, in un territorio in cui molti hanno subito amputazioni. Le altre figure corteggiate sono gli ingegneri e gli esperti di comunicazione”, prosegue Aodi sottolineando la necessità di puntare sulla prevenzione, facendo in modo di migliorare la cooperazione sanitaria per togliere terreno sotto ai piedi allo Stato islamico.
“Con l’Amsi, Co-Mai e Uniti per unire – aggiunge Aodi – stiamo lavorando al progetto ‘La buona sanità’, che si affianca al progetto ‘La buona immigrazione’, proposte per battere l’immigrazione illegale. Siamo in contatto con la cooperazione internazionale del ministero degli Esteri e con il dipartimento sanità della lega araba. L’idea è rafforzare il più possibile l’aiuto sanitario in modo che l’Is non trovi terreno fertile”, dice Aodi, che inviata fare le dovute differenze tra i cosiddetti aderenti allo Stato islamico: “Bisogna distinguere tra chi è entrato prima della proclamazione dello Stato islamico e chi dopo. Anche tra i medici e gli operatori sanitari sono stati molti a partire per dare il loro aiuto in Siria. E in tanti casi, una volta nato lo Stato islamico, si sono trovati in trappola perché il Califfato non prevede pentimenti né ammette abbandoni”.