Home Nazionale Vendute, stuprate, rese schiave: l’orrore delle ragazze yazide rapite dall’Is

Vendute, stuprate, rese schiave: l’orrore delle ragazze yazide rapite dall’Is

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Erbil, 29 apr. (AdnKronos/Aki) – Rapite, vendute più volte come schiave, stuprate e malmenate per mesi. Sono terrificanti i racconti delle ragazze yazide fatte prigioniere dai jihadisti del sedicente Stato islamico (Is) nel nord dell’Iraq. Alcune di loro sono riuscite a fuggire o sono state riscattate con grosse somme di denaro dai familiari. Il quotidiano turco Hurriyet le ha incontrate nei campi profughi allestiti nel Kurdistan iracheno, raccogliendo le loro testimonianze agghiaccianti.
Dalia è una ragazza di 19 anni, rapita lo scorso agosto quando l’Is ha preso d’assalto il suo villaggio. A Hurriyet ha raccontato di essere stata venduta per sette volte e di essere stata violentata tutte le volte. Costretta a convertirsi all’Islam, è stata trasferita insieme ad altre giovani yazide in una scuola di Tel Afar, dove jihadisti arabi, turchi, tedeschi o ceceni andavano a sceglierle e portarle con sé. Il suo primo aguzzino era un turkmeno, che per cinque mesi l’ha tenuta in casa, insieme alla moglie e ai figli, abusando di lei.
“Un giorno sono stata prelevata da un emiro dell’Is che si chiamava Abu Mustafa, che mi ha consegnata come un regalo a un ceceno di nome Aymen”, ha raccontato. Aymen la prendeva per i capelli e le immergeva la testa nella benzina. “Siete così sporche – diceva prima di stuprarla – è così che vi puliamo”.
E’ stata poi scambiata con un’altra ragazza yazida, restituita al ceceno, venduta a un arabo di Mosul che la “stuprava ogni notte”, venduta a un medico di Tel Afar e infine a un arabo di Kirkuk. “Mi rivelò che non mi aveva comprata per violentarmi – ha raccontato – ma per liberarmi e portarmi nel Kurdistan”. Da Kerbala a Baghdad e da Baghdad a Zakho, dove lavorava il padre. “Quando mi ha vista ha cominciato a piangere, a me sembrava di volare – ha raccontato Dalia – ero così contenta”.
La 20enne Leyla è stata rapita dall’Is nel villaggio di Kocho il 15 agosto scorso. Dopo mille peripezie è stata portata a Raqqa, in Siria, e venduta insieme a un’altra ragazza a un uomo che l’ha riportata in Iraq, a Husaybah. Rivenduta a un altro jihadista, è stata portata nuovamente in Siria, ad Aleppo, dove ha subito violenze per otto mesi. Poi ceduta a un egiziano che l’ha portata a Raqqa, dove la stuprava tenendola con un cappuccio sulla faccia.
“Ho pensato più volte di suicidarmi – ha raccontato – ma poi ho desistito perché ho pensato che la mia famiglia non avrebbe mai ritrovato il mio corpo”. Un giorno, rimasta sola a casa, è riuscita a telefonare a uno zio, che tramite un amico di Raqqa è riuscita a metterla in salvo e a portarla in Turchia.
Selma, di 26 anni, è stata fatta prigioniera mentre era incinta e insieme al figlio di 4 anni. Ha partorito mentre era rinchiusa in un edifico a Raqqa insieme a 500 altre donne yazide. Venduta insieme ai figli per 2.600 dollari, è stata portata ad Aleppo, quindi rivenduta per 4.000 dollari. Un giorno è riuscita a impossessarsi di un cellulare con il quale ha chiamato il marito che, per liberarla, ha comprato lei e i figli per 20.000 dollari.
Infine Bahar, appena 15enne, resa schiava insieme alle cugine di 24 e 19 anni da un jihadista saudita. “Ci picchiava ogni giorno e ci stuprava ogni notte – ha raccontato a Hurriyet – Sua moglie ci diceva che ci avrebbe voluto aiutare, ma non poteva”.
Alla fine il saudita è partito per Kobane, a combattere contro i curdi, e le ha consegnate, insieme a una quarta ragazza yazida, a un altro jihadista. La quarta ragazza è riuscita a contattare uno zio, che ha pagato un uomo di Raqqa, dove si trovavano, perché le portasse in salvo, oltre il confine con la Turchia.