Home Nazionale 2016: un anno di politica economica, tra riforme e crisi banche/Adnkronos

2016: un anno di politica economica, tra riforme e crisi banche/Adnkronos

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Roma, 26 dic. (AdnKronos) – Un anno iniziato nel pieno del renzismo e finito con un cambio della guardia a Palazzo Chigi. Il 2016, dal punto di vista della politica economica, sconta la lunga campagna elettorale sul referendum costituzionale e, soprattutto, le conseguenze che sono derivate dalla vittoria del No.
Con una legge di bilancio approvata frettolosamente, il via libera del Senato sullo stesso testo uscito dalla Camera è arrivato il 7 dicembre, e con una serie di misure inevitabilmente rinviate allo strumento sempre più abusato del decreto legge. L’onere di affrontare la nuova emergenza bancaria, con il caso Mps in primo piano, è toccato al nuovo premier Paolo Gentiloni e al ministro dell’Economia che assicura continuità con il precedente esecutivo, Pier Carlo Padoan.
Un anno, il 2016, scandito dall’attuazione delle due principali riforme economiche volute da Renzi, il Jobs Act e la legge Madia. E su entrambi i fronti non sono mancati i problemi, con l’intervento della Consulta che ha dichiarato illegittimi parte dei decreti attuativi per la Pa e un nuovo referendum, abrogativo di alcune misure chiave come lo stop all’articolo 18, che incombe sulla riforma del Lavoro. (segue)
Altro tema caldo, quello delle pensioni. Se ne è parlato a lungo, con l’obiettivo dichiarato di correggere la legge Fornero e arrivare a modalità di uscita dal lavoro più flessibile. Alla fine, nella legge di bilancio, è arrivata l’Ape, acronimo che sta per Anticipo pensionistico, che consentirà dal 2017 a chi ha raggiunto almeno i 63 anni di età di andare in anticipo in pensione. Ma a fronte di un prestito che va restituito. A differenza di può accedere all’Ape social, la versione assistenziale a carico dello Stato.
MPS. Fallita la ricapitalizzazione sul mercato, a causa dell’assenza di investitori istituzionali di peso disposti a sottoscriverla, arriva la ricapitalizzazione preventiva con risorse pubbliche. Un intervento, che fa scattare il burden sharing, la condivisione del rischio e quindi delle perdite, che comporta l’azzeramente delle obbligazioni subordinate. Il Tesoro, che diventa socio di maggioranza nazionalizzando di fatto la banca, interviene per rimborsare, in azioni, la perdita di valore subita nella conversione dalla clientela retail. L’operazione è stata formalizzata con un decreto legge, reso possibile dal via libera del Parlamento ad aumentare il debito fino a 20 Mld per il prossimo anno.
BANCHE. Nel corso dell’anno si è compiuto l’iter parlamentare del decreto, approvato a fine 2015, sul salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e Cariferrara, la cui procedura di vendita è ancora in corso. A otto mesi di distanza dalla risoluzione delle quattro banche, a luglio, è partita la procedura per il rimborso forfettario (pari all’80% del valore) agli oltre 10mila obbligazionisti che si sono visti azzerare i bond subordinati per assorbire parte delle perdite registrate dalle quattro banche. (segue)
JOBS ACT. Il 2016 e’ stato l’anno dell’attuazione della principale riforma economica del governo Renzi. Con i primi effetti, di segno altalenante, sul mercato del lavoro. Ma il 2017 si apre all’insegna di nuova incertezza. Tra il 15 aprile e il 15 giugno gli italiani potrebbero essere richiamati alle urne per votare al referendum chiesto dalla Cgil per abrogare una serie di disposizioni in materia di occupazione e licenziamenti. A decidere se ci sarà questo passaggio sarà la Consulta che l’11 gennaio si esprimerà sui tre quesiti proposti, giudicati legittimi dalla Cassazione il 9 dicembre scorso.
RIFORMA PA. Sull’altra riforma chiave, quella della pubblica amministrazione, pesa una decisione già presa dalla Consulta. I decreti attuativi vanno rifatti perché la riforma e’ incostituzionale e compromette l’autonomia delle regioni nei quattro capitoli fondamentali del provvedimento: dirigenti, società partecipate, servizi pubblici locali, organizzazione del lavoro. Le norme che sono state approvate raccogliendo solo il parere delle regioni vanno riscritte dopo aver raggiunto e formalizzato un’intesa con le stesse regioni.
PENSIONI. Arriva l’Ape, acronimo che sta per Anticipo pensionistico. Consente di andare in pensione in anticipo a patto di avere questi requisiti: aver raggiunto almeno i 63 anni, essere a non più di tre anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia, aver versato almeno 20 anni di contributi e avere una pensione non inferiore a circa 700 euro al mese. La pensione anticipata la paga un prestito da banche e assicurazioni da restituire in 20 anni una volta raggiunta l’età prevista per la pensione. Accanto all’Ape arriva l’Ape Agevolato, un trattamento assistenziale non superiore a un ammontare di 1.500 euro lordi mensili. E’ pagato interamente dallo Stato e non dalle banche e non c’è un taglio sull’assegno finale.