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La denuncia di Amnesty: “Qatar 2022 un incubo per gli operai”

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Roma, 31 mar. – (AdnKronos) – “Gli abusi sui lavoratori in Qatar sono una macchia sulla coscienza del calcio mondiale”. Amnesty International lancia un nuovo allarme sulla situazione degli operai, per la maggior parte immigrati provenienti da paesi come Nepal, India e Bangladesh, che lavorano nei cantieri dei Mondiali di calcio del 2022.
L’organizzazione umanitaria ha presentato un nuovo dossier, dal titolo ‘Il lato oscuro del bel gioco’, nel quale vengono lanciate accuse legate alla condizione di semi-schiavitù in cui versano i lavoratori stranieri in Qatar, in particolare quelli impegnati nei lavori al Khalifa Stadium di Doha, che ospiterà una delle semifinali, e nell’area che circonda il complesso sportivo dell’Aspire Zone dove quest’inverno Bayern di Monaco e Paris Saint-Germain sono andati ad allenarsi.
Amnesty ha raccolto per un anno, fino al febbraio 2016, le testimonianze di 234 operai e fra questi oltre 100 hanno denunciato di avere subìto diversi abusi che vanno dalle intimidazioni al mancato rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno fino alla confisca del passaporto. Fra i problemi segnalati anche quelli che riguardano le condizioni squallide degli alloggi, spesso sovraffollati, ritardi di diversi mesi nei pagamenti e stipendi di gran lunga inferiori (talvolta della metà) a quelli concordati all’inizio dei lavori. Inoltre, molti operai sono stati costretti a pagare ingenti somme di denaro (da 500 a 4300 dollari) ai reclutatori in patria per trovare un lavoro in Qatar.
Ben 88 lavoratori stranieri, stando alla denuncia di Amnesty, si sono visti negare il diritto di lasciare il Qatar: tra questi ci sono anche 7 operai del Nepal che avrebbero voluto fare ritorno in patria per aiutare i propri familiari dopo il devastante terremoto dell’aprile 2015.
Lo sfruttamento, spiega Amnesty, trova terreno fertile nel sistema dello sponsor in vigore in Qatar (detto kafala), in base al quale un migrante non può cambiare lavoro o lasciare il paese senza il permesso dei datore di lavoro. La tanto pubblicizzata riforma di questo sistema, annunciata alla fine del 2015, secondo la Ong modificherà ben poco la dinamica dei rapporti tra lavoratori migranti e loro datori di lavoro.
“Per calciatori e tifosi lo stadio di un Mondiale è un luogo da sogno, ma per alcuni degli operai che hanno parlato con noi è come vivere in un incubo”, ha evidenziato il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, prima di puntare il dito contro la Fifa. “Nonostante cinque anni di promesse, la Fifa non ha fatto quasi nulla per far sì che i Mondiali di calcio del 2022 non venissero costruiti grazie allo sfruttamento del lavoro migrante”, ha affermato.
Shetty ha poi mandato un al nuovo presidente della Fifa, Gianni Infantino: “Il mondo del calcio non può chiudere gli occhi di fronte agli abusi nelle strutture e negli stadi in cui si giocano le partite. Se la nuova leadership della Fifa è seriamente intenzionata a cambiare pagina, non può permettere che un evento globale come il Mondiale si svolga negli stadi costruiti sull’abuso dei lavoratori migranti”.
“Alcuni dei più grandi campioni si saranno già allenati su terreni realizzati e mantenuti grazie allo sfruttamento del lavoro migrante. Presto, potrebbero giocare in stadi costruiti allo stesso modo. Ora -ha concluso- è il momento che i leader del mondo calcistico, se non vorranno sentirsi complici di tutto questo, prendano la parola: che si tratti di squadre come il Bayern di Monaco e il Psg o dei grandi sponsor come Adidas e Coca-Cola”.
La risposta della Fifa è stata affidata a un comunicato: “Siamo pienamente consapevoli dei rischi cui sono esposti i lavoratori in Qatar e dell’opportunità che ha la Fifa, insieme alle altre parti in causa, per migliorare le condizioni lavorative nel paese. Restiamo convinti che l’attrazione unica e la visibilità globale del Mondiale siano un forte catalizzatore per un cambiamento significativo”.