Home Nazionale L’esperto, per l’angioedema ereditario anche 15 anni per avere una diagnosi

L’esperto, per l’angioedema ereditario anche 15 anni per avere una diagnosi

0

Roma, 14 ott. (AdnKronos Salute) – “Un calvario”, quello degli italiani con angioedema ereditario, per arrivare alla diagnosi. “Questa malattia rara colpisce un migliaio di persone nel nostro Paese, anche se i casi reali sono di più, circa 1.500. L’angioedema ereditario spesso viene scambiato per una malattia allergica. Risultato? Un importante ritardo diagnostico, anche di 15 anni”. Lo spiega all’AdnKronos Salute Mauro Cancian, dirigente medico e professore a contratto in allergologia presso l’Azienda Ospedaliera Università di Padova, che parteciperà domani a Roma a un workshop sull’angioedema ereditario organizzato da Shire, nell’ambito del congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi).
Il ritardo diagnostico si traduce nell’assunzione di terapie non mirate, corse al pronto soccorso e interventi come la tracheostomia, spiega Cancian. I sintomi dell’angioedema ereditario consistono nella formazione circoscritta di edemi di tre tipologie: i primi sono cutanei e localizzati a volto, torace, genitali ed estremità del corpo; i secondi colpiscono la mucosa gastrointestinale e gli ultimi le vie respiratorie, con problemi di deglutizione e rischio asfissia.
“Negli ultimi anni – continua Cancian – la situazione è migliorata: si sta lavorando a un registro dei pazienti, esiste una rete dei centri di riferimento e un metodo di cura efficace. Dunque è possibile inviare i casi sospetti ai centri universitari per una diagnosi corretta e tempestiva, che consenta una rapida presa in carico del malato. Qui da noi a Padova seguiamo 110 pazienti con angioedema ereditario e 15 con angioedema acquisito”, ricorda.
“Importanti novità negli ultimi anni hanno reso la vita di questi pazienti quasi normale. Fra le terapie, ricordo i farmaci per il trattamento precoce che bloccano la bradichinina, la sostanza che determina l’edema, e che possono essere autosomministrati per via sottocutanea dal paziente, in modo molto efficace”, conclude l’esperto.