Home Nazionale Mafia: testimone giustizia, dopo mie denunce fuori da programma protezione (2)

Mafia: testimone giustizia, dopo mie denunce fuori da programma protezione (2)

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(AdnKronos) – “Ultimamente il Ministero sta trattando così tutti i testimoni di Giustizia, uomini e donne che credendo nella Giustizia han dato il proprio contributo. Sarà il Ministro Alfano, con tutto rispetto, da conterraneo e quindi che conosce bene la fine che spetta a persone “scomode” per la mafia come mio padre, a garantire per la sua incolumità?”, dice il figlio Giuseppe Cutrò. “È vero, d’altronde Roma è a diverse centinaia di chilometri da Bivona, punti di vista diversi, anche se hanno gli occhi in strutture territoriali, quali Prefetture e Forze dell’ordine – dice ancora – Un gioco di ruolo troppo complicato per me, un ragazzo di 26 che ha perso tanto nella vita. Forse, questo fa parte del taglio alle spese, Presidente Renzi? Lo Stato ha deliberato che la mafia o chi per loro non potrà più toccarci, una bella notizia. Da oggi la revoca delle misure di protezione, grazie. Io nel frattempo aspetto che mio padre si riprenda dal malore che ha avuto nel leggere le prime righe della delibera a Firma del Senatore Bubbico, presidente della Commissione Centrale, spiegherò io ad Ignazio Cutrò del sigillo che avete messo sulle nostre vite. Se davvero devo ringraziare qualcuno in questa vicenda, devo ringraziare i Carabinieri che ci sono stati accanto, come una vera famiglia, magistratura e quella parte di politica sana. Per quanto riguarda gli altri, saranno ritenuti direttamente responsabili per ciò che accadrà a mio padre e la mia famiglia, in conseguenza alle scelte che hanno fatto per il ruolo che ricoprono”.
E oggi l’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia ha espresso “piena solidarietà e vicinanza a Ignazio Cutrò destinatario del provvedimento di revoca del programma di protezione dalla Commissione Centrale presieduta dal viceministro dell’interno, senatore del Partito Democratico Filippo Bubbico. Lo stesso senatore e viceministro che nella veste di presidente della Commissione Centrale rifiuta al Cutrò la consegna delle relazione del Viminale che confermano che l’impresa edile di Cutrò è fallita a causa delle denunce contro la mafia della Bassa Quisquina”, si legge in una nota. “A breve, entro un anno, arriverà la decisione del Prefetto di Agrigento che porterà al depotenziamento della scorta dapprima ai familiari e poi a Ignazio Cutrò. A questo punto Cosa Nostra potrà compiere indisturbata la sua vendetta contro Ignazio Cutrò così come ha fatto con Domenico Noviello barbaramente assassinato. Lo Stato protegge i collaboratori di giustizia, molti persino da decenni, invece Ignazio Cutrò viene punito perché la sua è una voce Libera, colpito per educare i testimoni di giustizia alla disciplina della Commissione Centrale del Ministero degli Interni. Non resta allora che qualcun’altro si occupi di abbattere fisicamente Ignazio Cutrò. In Sicilia, nell’entroterra di Agrigento dove vive la famiglia Cutrò, quel qualcun’altro ha già lubrificato le armi”. “Oggi non mi ha ucciso la mafia ma il Servizio centrale di protezione…”, dice Ignazio Cutrò, che annuncia di volere presentare ricorso al Tar.

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