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Malattie rare: Ossfor, su farmaci orfani troppi falsi miti

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Roma, 16 nov. (AdnKronos Salute) – Sui farmaci rari ci sono ancora troppi ‘falsi miti’. Scarsi investimenti, prezzi elevati, difficoltà di accesso sono elementi che si associano comunemente a queste terapie. Ma non sempre è così, secondo gli esperti dell’Ossfor, l’Osservatorio farmaci orfani voluto da Crea sanità e dall’Osservatorio malattie rare, che questa mattina a Roma ha presentato i primi dati e le linee di sviluppo delle prossime ricerche. Obiettivo: offrire una fotografia chiara di un settore in cui frequentemente mancano informazioni e ‘numeri’ che pure sono – hanno ricordato gli esperti – fondamentali per la gestione ottimale dei farmaci orfani e, nel complesso, delle malattie rare.
Tra i falsi miti, ad esempio, è “ancora opinione diffusa che manchi interesse da parte delle aziende – ha spiegato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio malattie rare – Il numero crescente di terapie dimostra il contrario, ovvero che non mancano ricerca e investimenti privati. Il vero problema oggi è rappresentato dalle difficoltà economiche di molti Paesi. L’Italia riesce ancora a garantire gran parte dei farmaci approvati, ma non sappiamo per quanto sarà così. Si verificano già oggi ritardi legati al timore della spesa, a livello centrale quanto territoriale, perché le Regioni sono preoccupate per i tetti imposti. La ‘sostenibilità’ deve essere una virtù, non tradursi in mancato diritto alle cure e disincentivo a ricerca e innovazione, con perdita di know how e sviluppo economico. Dobbiamo trovare il modo di conciliare sostenibilità e diritto alla cura. E Ossfor nasce per un contributo al superamento positivo di questa sfida”.
La ricerca Ossfor mostra come “il nostro Paese incentivi il settore, aggiungendo ai vantaggi riconosciuti dalla regolamentazione internazionale sia l’esenzione dal payback sia un fast track per l’approvazione. Ma anche in questo caso il problema è oggi rappresentato dalla crisi economica, che frena l’accesso dei farmaci innovativi ad alto costo alla rimborsabilità. D’altra parte i farmaci orfani per definizione hanno mercati piccoli, e quindi il ritorno dall’investimento richiede prezzi alti”.
Studi condotti qualche anno fa dimostrano che, correttamente, il prezzo di rimborso negoziato dall’Agenzia italiana del farmaco per i medicinali orfani è inversamente proporzionale al numero di pazienti candidati alla terapia. Dalla relazione stimata emerge che per un farmaco destinato a una patologia con una prevalenza di oltre 0,5 pazienti per 10.000 abitanti (ovvero più di 3.000 in Italia), l’Aifa era stata disposta ad accettare un costo atteso annuo della terapia di circa 10.000 euro, inferiore sia per costo unitario sia per budget impact a tante patologie croniche.
Per una patologia ultra-rara, con soli 5 casi sul territorio nazionale, la disponibilità a pagare arrivava a 2.000.000 di euro annui: cifre come questa ultima spesso ‘spaventano’, ma paradossalmente la seconda azienda rimarrebbe svantaggiata, potendo ambire a un fatturato massimo pari a circa un terzo di quello ottenibile con la prima terapia, che già sarebbe costata una cifra modesta. In casi come quelli dei farmaci orfani, nella valutazione prevalgano largamente le motivazioni distributive (e quindi etiche), sulla semplice costo-efficacia delle tecnologie.
Secondo le indicazione di Ossfor, “per rendere in prospettiva ancora appetibile il mercato italiano, che poi significa garantire l’accesso dei pazienti alle innovazioni, sembra quindi importante, riprendendo quella che è una relazione rilevata empiricamente, costruire un algoritmo di pricing che possa fare da benchmark per le decisioni dell’autorità regolatoria, contemperando innovatività (costo-efficacia), dimensioni del mercato (e quindi possibilità di ritorno dagli investimenti) e sostenibilità. Anche se siamo consci che questa ultima, nel caso dei farmaci orfani, difficilmente è una questione impattante, dati i numeri di pazienti eleggibili”.