Home Nazionale Gasbarrini: “Migliorare la qualità di vita dei pazienti con danni da cirrosi”

Gasbarrini: “Migliorare la qualità di vita dei pazienti con danni da cirrosi”

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Roma, 30 giu. (AdnKronos Salute) – Colpire la malattia e migliorare allo stesso tempo la qualità della vita dei pazienti. Dovrebbe essere l’obiettivo di ogni terapia, sopratutto se la patologia è complessa e subdola come la cirrosi epatica e se si è affetti da una complicanza di questa malattia: l’encefalopatia epatica di tipo C. E’ la strada indicata da Antonio Gasbarrini, direttore dell’area Gastroenterologia del Policlinico universitario Gemelli di Roma.
Fra le armi a disposizione contro questa patologia, la rifaximina, “non un antibiotico nuovo per i medici italiani – spiega il gastroenterologo all’Adnkronos Salute – anzi ‘antico’, ma nel senso che abbiamo anticipato la medicina del resto del mondo”.
Secondo l’esperto c’è però una questione da risolvere. “Il dosaggio usato in Italia, 200 milligrammi, è troppo basso e non adeguato. Bisogna arrivare invece a dosaggi da 1000-1100-1200 milligrammi. Questa quantità – chiarisce Gasbarrini – usata in alcuni trial americani, ha dimostrato una grandissima efficacia. Il dosaggio da 550 milligrammi due volte al giorno è quello perfetto. Ha funzionato nei trial ed è risultato accettabile per i pazienti”.
La cirrosi epatica interessa un organo centrale come il fegato “che insieme all’intestino deve metabolizzare tutto quello che entra nell’apparato digerente – ricorda il medico – Però se il fegato non funziona, questo può avere conseguenze devastanti per la vita della persona. La cirrosi è molto frequente in Italia: l’infezione da Hcv, Hcb, alcol e l’obesità ha avuto come conseguenze circa 3-4mln di pazienti epatopatici e 2-300 mila cirrotici”.
L’Encefalopatia epatica di tipo C affligge il 30-40% dei pazienti con cirrosi. Si stimano in Italia 8-10mila nuovi casi l’anno. E’ una condizione clinica complessa caratterizzata da sintomi neuropsichiatrici. “Per un paziente cirrotico che già prende tante compresse – osserva il medico – aggiungerne altre è complicato, mentre aumentare il dosaggio di rifaximina aumenta l’aderenza alla terapia portandola a oltre il 90%”.
Ma quanto può incidere questa strategia sulla ripresa cognitiva del paziente? “E’ difficile – risponde Gasbarrini – però il trattamento con quest’antibiotico non assorbibile, addizionato alle terapie standard, a una corretta alimentazione e a una multimodalità di interventi, può portare a una netta remissione dell’encefalopatia epatica. Quindi è chiaro che serve un approccio multidisciplinare, fondamentale per l’identificazione precoce del disturbo e la scelta della terapia efficace”, sottolinea.