(AdnKronos) – Ormai, in quel mondo globalizzato, bisogna soddisfare i clienti e far quadrare i bilanci e il ‘trend’ è verso corsi più moderni “di business, o sul calcio, o sulla cucina”. E pazienza se la cultura italiana ha una tradizione millenaria che ha plasmato il mondo occidentale. “(…) C’erano stati tempi in cui corsi come ‘Il romanzo del Novecento’ e ‘Ariosto e Tasso’ attiravano folle di studenti, poi era cominciato il declino e il tentativo di arrestarlo con titoli sexy, pieni di parentesi, segni diacritici, allusioni grevi”.
Insomma in ‘Secondo piano’, Laura Benedetti, che insegna letteratura italiana alla Georgetown University (Washington), non cerca solo di risolvere un mistero ma rivolge anche domande pressanti sulle contraddizioni della globalizzazione e sul futuro prossimo del ruolo dell’università nella nostra società. Una società dell’istantaneo che tende a dimenticare il suo passato, le sue radici e le sue fondamenta rischiando così il crollo alla prima raffica di vento.
“(…) Non mi rassegno a essere diventato inutile, anzi – scrive il protagonista di Laura Benedetti -, non penso proprio di esserlo. Mi sembra più importante che mai parlare, cercare di distinguere il vero dal falso, ci sono secoli di sapere che potrebbero aiutarci a navigare questa palude in cui siamo finiti… Invece, in un momento così delicato, ci stanno facendo fuori uno a uno. Le università sono supermercati, gli studenti sono clienti, non si studia per imparare, per conoscersi, per esplorare, ma essere dei servi obbedienti, con la speranza di entrare un giorno nei ranghi dei padroni spietati… Ma i servi obbedienti sono facili da manipolare lo sai?”.