Home Nazionale Malattie rare: appello pneumologa, troppi malati Ipf arrivano tardi a diagnosi

Malattie rare: appello pneumologa, troppi malati Ipf arrivano tardi a diagnosi

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Milano, 19 set. (AdnKronos Salute) – Le lancette che scandiscono il tempo sono tiranne per chi soffre di una malattia rara e difficile da riconoscere come la fibrosi polmonare idiopatica. “Purtroppo ancora oggi sono tante le diagnosi tardive. Nella mia esperienza circa il 20-25% dei pazienti inquadra il problema quando è già in una fase avanzata. Quello dei malati che arrivano con un quadro funzionale molto compromesso, e per i quali non esistono terapie approvate per lo stadio in cui si trovano, rimane il problema più urgente da affrontare. Persone che hanno una prognosi molto simile ai pazienti affetti da forme tumorali”, spiega all’AdnKronos Salute Antonella Caminati, dirigente medico dell’Unità operativa di pneumologia dell’ospedale San Giuseppe di Milano (Gruppo MultiMedica), che in questi giorni è scesa in campo per informare i cittadini, in occasione della Settimana mondiale dedicata alla patologia.
L’iniziativa patrocinata dal Comune, e realizzata in collaborazione con il Gruppo MultiMedica, ha avuto come punto di riferimento un gazebo in piazza XXV Aprile nel capoluogo lombardo – dove oltre a ricevere materiale informativo era possibile parlare con uno pneumologo, sottoporsi a un test sui fattori di rischio e in caso di esito positivo prenotare una visita specialistica gratuita – e fa parte del progetto ‘#FightIpf: oggi è il giorno giusto per sfidare l’Ipf’, promosso da Roche con il supporto dell’Intergruppo parlamentare per le malattie rare, della Federazione italiana Fimarp Onlus e delle associazioni che la compongono.
Solo nel 50% dei casi i pazienti sopravvivono più di 2-5 anni dal responso di Ipf. “E’ molto importante una diagnosi precoce – sottolinea Caminati – e i medici hanno a disposizione uno strumento veramente a basso costo: si tratta di visitare il paziente. Il fonendoscopio permette infatti di sentire quei rantoli crepitanti soprattutto alle basi polmonari che possono essere il primo campanello di allarme e possono poi indurre a fare degli accertamenti diagnostici”.
Il problema è che la malattia “ha sintomi d’esordio molto aspecifici: mancanza di respiro soprattutto sotto sforzo, tosse secca. Per cui frequentemente viene confusa con altre patologie o comunque non è la prima malattia a cui si pensa in questi pazienti, persone in età media-avanzata, dai 50 anni in su, in genere fumatori”, riflette Caminati. E quindi, aggiunge, “è importantissimo parlare di Ipf e sensibilizzare non solo gli specialisti, ma anche i medici di famiglia perché auscultino i pazienti e si facciano venire il dubbio che ci possa essere questa patologia. Poi sarà lo specialista a fare le indagini necessarie e approfondire se ce ne sarà la necessità. Le campagne di sensibilizzazione sono molto importanti anche per i pazienti e i familiari, in modo tale che anche loro possano trovare supporto, e poi affinché ci sia una mobilitazione di chi legifera”.
Un “grosso passo avanti per questi malati che fanno i conti con una patologia cronica c’è stato – ricorda Caminati – A marzo di quest’anno nell’ambito dei nuovi Lea è stato rivisto l’elenco delle patologie rare e finalmente anche l’Ipf è stata inserita. Pertanto dal 15 settembre anche i pazienti con Ipf hanno diritto all’esenzione per malattia. In base ai numeri rilevati partendo da dati amministrativi e a seconda di come viene definita la malattia, possiamo stimare che in Italia ci siano dagli 8 ai 20 mila casi di fibrosi polmonare idiopatica, con un numero di nuovi casi per anno variabile dai 1.500 ai 3 mila casi”.
L’Ipf è causata dalla cicatrizzazione (fibrosi) irreversibile e progressiva dei polmoni, che rende difficile respirare e impedisce al cuore, ai muscoli e agli organi vitali di ricevere ossigeno a sufficienza per il loro regolare funzionamento. E’ fondamentale, ribadisce Caminati, “intervenire in fasi molto precoci, magari anche quando i sintomi non sono ancora così evidenti, perché questa è una malattia che nel tempo tende a peggiorare nonostante i grandi progressi fatti negli ultimi anni nella terapia, che rallenta la progressione nelle fasi lievi e moderate. Quando invece il paziente è a uno stadio avanzato si può attivare una terapia di supporto, di palliazione, proprio come si fa nei pazienti con tumore, in modo da supportarlo almeno da un punto di vista sintomatologico. E’ utile la fisioterapia per cercare di mantenere il miglior stato possibile a livello di muscolatura respiratoria e di muscolatura in generale. In alcuni casi può servire la terapia per la tosse, sintomo molto invalidante, e soprattutto il supporto dell’ossigeno, che sarà indicato prima da sforzo e poi purtroppo anche a riposo”.