Milano, 16 feb. – (AdnKronos) – Tangentopoli é stata fatta anche con “degenerazioni della prassi giudiziaria” come le “gli arresti brevi o in transito” o la “collaborazione coatta”, fino ad arrivare alla “concessione della libertà a fini investigativi”. E’ una ricorrenza tra luci e ombre quella che si celebra quest’anno per il 25imo anniversario di Mani Pulite, la stagione giudiziaria che segnò il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica in Italia. Ne parla all’Adnkronos Ennio Amodio, penalista della ‘vecchia guardia’ che a Mani Pulite affiancò diversi imputati eccellenti, da Salvatore Ligresti a Silvio Berlusconi nei suoi ‘primissimi’ procedimenti giudiziari. Come ai tempi, con più forza oggi il legale parla di “abusi”.
In tanti, in questi giorni, ricordano i numeri ‘imponenti’ di indagati, imputati, processi e indagini. “A 25 anni da Mani Pulite l’Italia è ancora più corrotta”, ha detto nei giorni scorsi il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, il ‘dottor Sottile’, come veniva chiamato ai tempi del pool. L’inchiesta, ha affermato il suo ex collega Antonio Di Pietro “é finita ma Tangentopoli è ancora tra noi. Cos’è cambiato rispetto a 25 anni fa? Che l’opinione pubblica non crede più che possa cambiare qualcosa”.
Se la fragilità politica e il consenso popolare avevano accompagnato nella lotta alla corruzione un gruppo di magistrati diventati presto ‘simbolo’ di una riscossa legalitaria, 25 anni dopo l’analisi é sconsolante. Così, dal coro di chi rimpiange quella stagione e analizza cosa é andato storto rintracciando nelle lacune nel codice penale e nei cambiamenti delle leggi alcuni dei ‘bastoni’ messi tra le ruote della macchina giudiziaria meneghina, si distaccano, oggi più che mai, quanti denunciano quelli che sono sembrati abusi commessi nelle indagini ai danni di tanti indagati. E uno dei temi che emerge con dettagli sempre più particolareggiati è quello di una sorta di induzione alla confessione o alla collaborazione a tutti i costi. Utilizzando il carcere.