Home Nazionale Sanità: Spi Cgil, case riposo costose, oltre 2.500 euro mese se private

Sanità: Spi Cgil, case riposo costose, oltre 2.500 euro mese se private

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Roma, 24 ott. (Adnkronos Salute/Labitalia) – Per lo più private, molto costose e mediamente poco trasparenti. E’ la fotografia delle strutture residenziali per gli anziani scattata dall’osservatorio nazionale presentato oggi alla Camera dei Deputati dallo Spi-Cgil, il Sindacato dei pensionati. Su 4mila strutture analizzate in tutta Italia, infatti, è emerso che solo il 14% sono pubbliche e gestite direttamente dai Comuni, dalle associazioni o consorzi ad essi legate, da Aziende sanitarie o da Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (Asp). Il restante 86% è invece gestito da privati, enti religiosi, Onlus, Fondazioni e cooperative.
Non solo. Le case di riposo sono spesso off limits per gli anziani non autosufficienti. Le tariffe infatti sono salate sia nelle strutture pubbliche che in quelle private: nella prime infatti la retta, anche se solo nel 46% dei casi, può arrivare a 1800 euro al mese pari a circa 60 euro al giorno; nelle seconde andare oltre questo tetto ed arrivare, nel 39% delle volte, fino agli 80 euro al giorno per complessivi 2.500 euro al mese. Tra quelle private, si legge ancora nel Dossier Spi, quelle più costose sono quelle riferite all’area profit (54% ha rette superiori agli 80 euro giornalieri), seguite da quelle gestite da cooperative, dalle Fondazioni e dagli enti religiosi. Più basse invece le tariffe in quelle gestite da Onlus e da Associazioni. Le rette massime riguardano principalmente, spiega il rapporto, le strutture che si occupano di persone non autosufficienti e le strutture di grande dimensione, basse solo nel 17% dei casi mentre nel 45% superano gli 80 euro giornalieri.
Un caro-affitto che determina il crescere del fenomeno delle “case-famiglia”, che può ospitare fino a 6 anziani, e delle strutture a carattere comunitario, fino a 10, che denunciano prezzi più abbordabili che però, denuncia la Cgil non garantiscono nè la qualità nè la trasparenza finanziaria. “Attenzione alle case famiglia”, dice la Cgil. A spingere una competizione all’estremo la facilità con cui si consente l’apertura di strutture simili, senza controlli nè valutazioni professionali. “Basta una semplice dichiarazione” senza alcuna autorizzazione preventiva al funzionamento. E questo, denuncia ancora lo Spi, innesca una “competizione al ribasso” con “tariffe fuori controllo”, con “scarsa qualità ed un basso tenore di servizi erogati”.
Non tutte le tipologie di strutture residenziali inoltre, denuncia ancora lo Spi Cgil, forniscono informazioni ai propri assistiti o alle loro famiglie circa i servizi da esse erogati. Se il 68% comunica informazioni sul personale impiegato e il 77% ha un sito web sono solo il 38% quelle che pubblicano la Carta dei servizi. Va decisamente meglio in quelle pubbliche, che nell’86% dei casi danno informazioni più o meno dettagliate mentre nel privato è “maglia nera” agli enti religiosi.
“Poco più della metà di quelli che gestiscono strutture residenziali per anziani (il 55%), – si legge ancora nel dossier dello Spi Cgil- fornisce informazioni a fronte del 68% delle cooperative, il 69% delle aziende private di mercato, il 76% delle Onlus e il 74% delle Fondazioni”. Dal punto di vista delle dimensioni, infine, il 74% delle strutture residenziali ospita anziani totalmente o parzialmente non autosufficienti. Solo il 6% invece quelle che ospitano anziani autosufficienti mentre il 20% non specifica la tipologia dei suoi ospiti.
Le strutture infine, sono principalmente di medio-piccola dimensione. Oltre l’80% infatti non ha più di 100 posti letto (il 10% fino a 20, il 33% ne ha tra i 20 e i 50, il 38% tra i 50 e i 100). Solo il 19% ha oltre 100 posti letto.