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Smart working? Tanti lo vogliono, pochi lo offrono

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Roma, 22 mag. (Labitalia) – Dallo smart working al social recruitment, dai trend di selezione alle politiche retributive, fino alle previsioni sulle tendenze occupazionali dei prossimi mesi. Questi i principali temi affrontati nell’edizione 2017 della Hays Salary Guide, l’indagine annuale sull’andamento del mercato del lavoro in Italia, condotta da Hays – uno dei leader mondiali nel recruitment specializzato – coinvolgendo un campione di oltre 250 aziende e più di 1.400 professionisti.
Con la nuova edizione della Hays Salary Guide, il gruppo ha voluto approfondire meglio uno tra i temi più attuali del mondo del lavoro: lo smart working. Grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, oggi è infatti possibile svolgere le proprie mansioni lavorative senza doversi recare fisicamente nella propria sede d’azienda. Ben 8 professionisti su 10 (82%) sarebbero felici di poter lavorare da casa, tuttavia solo il 35% delle imprese afferma di offrire ai propri dipendenti la possibilità di lavorare ‘da remoto’.
In ogni caso, è certo che il fenomeno ha risvolti positivi sia per le aziende – che nel 67% dei casi hanno registrato un incremento nella produttività, oltre a una diminuzione dei costi fissi per la gestione degli uffici tradizionali (21%) – sia per i professionisti. Questi ultimi, infatti, annoverano fra i principali vantaggi la maggiore autonomia organizzativa (33%), la riduzione dei tempi e costi sul tragitto casa-lavoro (28%), oltre a un migliore equilibrio fra lavoro e vita privata (25%).
Fra le aziende italiane che consentono lo smart working, il 91% fornisce gli strumenti tecnologici necessari per il lavoro smart: a livello di device, pc e smartphone sono tra i più gettonati, rispettivamente con 93% e 82% delle preferenze. Ma quali sono le tecnologie più utilizzate dai professionisti italiani quando lavorano in mobilità? Il 43% del campione dichiara di utilizzare App di Instant Messaging, in primis, WhatsApp e Skype, il 28% la tecnologia Cloud e il 14% i social media aziendali, come ad esempio Yammer. Analizzando i dati relativamente al livello professionale, si evince come sia il middle management a optare maggiormente per il ‘lavoro agile’ (42%); percentuali nettamente inferiori per junior e top management (rispettivamente al 20% e 14%).
Quanto alle previsioni per il mercato del lavoro, nonostante la crescita economica prosegua in maniera contenuta, un quarto delle aziende intervistate da Hays (26%) dichiara che per il 2017 aumenterà il livello di investimenti in Hr. La ricerca di personale da parte delle imprese si focalizzerà soprattutto su profili tecnici o di middle management (75%), professionisti con una breve esperienza professionale (47%), oltre a tirocinanti e apprendisti (42%). Di contro, il 64% del campione non ha pianificato nuovi ingressi in organico per l’anno in corso.
Ma che anno sarà il 2017 per i professionisti italiani? Il 62% del campione vorrebbe cambiare lavoro nel corso dei prossimi mesi. Tra le principali motivazioni, una maggiore soddisfazione professionale (69%), una migliore prospettiva di crescita (67%) e un aumento retributivo (57%).
I dati dell’indagine Hays sembrano confermare, poi, una tendenza già in atto da un paio d’anni: sempre più aziende (56%) eseguono in fase di selezione uno screening dei profili social del candidato. I motivi sono molteplici: si va dall’esigenza di avere una visione più completa del professionista (93%) alla possibilità di accertare eventuali attitudini professionali attraverso la partecipazione a community (33%), dall’individuazione di possibili incongruenze nelle esperienze di lavoro dichiarate (32%) all’opportunità di informarsi sulla rete dei contatti professionali del candidato (30%).
Tra i social media più utilizzati durante l’attività di recruiting, il 99% delle aziende campione impiega LinkedIn, il 60% consulta Facebook, il 19% Instagram, mentre un altro 19% controlla se il candidato ha un proprio blog. Tuttavia, occorre evidenziare che le informazioni reperibili dai profili social del professionista non fungono da discriminante: l’81% del campione afferma, infatti, di non avere mai escluso un candidato dall’iter di selezione per questa motivazione.
E tra i professionisti? Più della metà del campione (51%) si affida ai social network professionali per individuare nuove opportunità di lavoro. Non solo: il 57% degli intervistati ritiene che sia giusto che le aziende eseguano uno screening delle informazioni contenute sui profili social dei candidati, sempre che si tratti di pagine professionali. Solo il 28%, invece, considera legittimo uno screening a 360 gradi di tutti i social.
Tracciando, poi, l’identikit del candidato ideale, emerge che, in fase di selezione, l’83% delle aziende mette al primo posto una solida esperienza maturata sul campo, seguita da ottime referenze (12%) e dal titolo di studio (5%). Per l’80% delle imprese, il candidato ideale deve possedere anche forti competenze linguistiche. Oltre all’imprescindibile inglese, i responsabili Hr stanno guardando con particolare interesse i candidati che dimostrano di saper parlare francese (56%), tedesco (53%), spagnolo (37%), oltre al cinese (17%).
Per sbaragliare la concorrenza nel processo di selezione, i professionisti italiani puntano sulla formazione per arricchire il proprio curriculum. Il 54% cerca di sviluppare le proprie competenze trasversali, mentre il 51% si dedica allo studio delle lingue straniere. Oltre all’inglese, gli intervistati optano per tedesco (28%), francese (28%), spagnolo (24%) e cinese (9%).
Infine, sul fronte delle politiche retributive e benefit, per assicurarsi le risorse migliori e, al contempo, la retention delle risorse attuali, il 94% delle imprese intervistate offre benefit di natura economica. Inoltre, il 96% delle imprese offre ai propri dipendenti benefit di natura non economica come l’assicurazione sanitaria (90%), la macchina aziendale (78%), il telefono aziendale (68%) e i rimborsi spese (54%). La quasi totalità dei professionisti (95%) dichiara di valutarne la presenza nelle offerte di lavoro ricevute: tra i più ambiti, l’auto aziendale (83%), l’assicurazione sanitaria (79%) e il rimborso spese (51%).