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Smog: studio, in 10 anni calate le polveri fini in Pianura Padana

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Roma, 2 feb. (AdnKronos Salute) – Lo smog sembra calare nella Pianura Padana, dove un team di ricercatori ha misurato dal 2006 al 2015 una riduzione dell’8% all’anno di polveri fini Pm2,5, un inquinante più piccolo delle polveri sottili Pm10. Nonostante il motivato allarme provocato dai frequenti sforamenti dei limiti di Pm10 nelle città del Nord Italia, evidenzia lo studio, “sono in calo in tutta la Pianura Padana le concentrazioni di polveri fini (Pm2,5) e inferiori a Pm10”. I dati sono stati raccolti da 44 stazioni Arpa di 4 regioni del Settentrione (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto). Il lavoro è firmato da un gruppo del Dipartimento di Ingegneria ‘Enzo Ferrari’ Dief dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e pubblicato sulla rivista ‘Atmospheric Chemistry and Physics’ dell’European Geosciences Union.
La diminuzione di Pm2,5 “negli ultimi 10 anni accompagna il calo già osservato per il Pm10 e varia in base all’area e al sito”, spiegano gli autori. “Alte concentrazioni di Pm2,5, ovvero di tutte le particelle atmosferiche con un diametro minore di 2,5 micron (2,5 millesimi di millimetro) e note anche come polveri fini – afferma Grazia Ghermandi, docente di Ingegneria sanitaria ambientale all’Unimore – possono rappresentare un rischio per la salute umana e costituiscono una sfida per le municipalità della Pianura Padana, perché questa regione, densamente popolata, ha notoriamente condizioni meteoclimatiche e orografiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti in atmosfera, Pm2,5 incluso”.
Con questa ricerca, Ghermandi e Alessandro Bigi, ingegnere dell’Unimore, hanno completato il primo studio sinottico sulla variabilità e l’andamento di lungo periodo di Pm2,5 e Pm10-Pm2,5 sull’intera Pianura Padana.
Lo studio, “considerevole per l’ampia estensione territoriale indagata”, sottolineano dall’Unimore, ha riguardato “l’andamento delle polveri fini (Pm2,5), molto più piccole del Pm10, e le polveri di grandezza compresa tra Pm2,5 e Pm10 (PM10-PM2,5) in tutta la Pianura Padana nel periodo 2006-2015: dalla provincia di Torino alla provincia di Padova, e da Asti a Rimini”. Complessivamente, i ricercatori hanno esaminato i dati raccolti da stazioni Arpa collocate soprattutto in parchi cittadini o zone residenziali, a parte alcune che si trovano presso incroci trafficati o in zone agricole. Attraverso l’utilizzo di vari metodi statistici, i ricercatori modenesi hanno dimostrato come “le concentrazioni siano calate presso la quasi totalità dei siti di misura con punte fino al 8% annuo”, e come questo calo sia dovuto “soprattutto a una diminuzione delle concentrazioni durante i mesi invernali”.
La variabilità settimanale, in particolare in estate, del Pm2,5 e del Pm10-PM2,5, evidenzia la ricerca, “dimostra una loro principale origine antropica”. Lo studio ha mostrato che la diminuzione del Pm10 precedentemente osservata è dovuta a miglioramenti tecnologici e riduzione delle emissioni gassose e di particolato, con effetto sia sul Pm2,5 sia sul Pm10-Pm2.5. E che sia l’uomo con le sue attività a produrre il Pm2,5 in Pianura Padana è confermato dal fatto che la sua diminuzione è stata “maggiore in zone urbane trafficate” e si riduce “verso le zone rurali”, rilevano i ricercatori, “tutto questo a fronte di una seppur notevole omogeneità delle concentrazioni di Pm2,5 su tutto il bacino”.
“Il calo mostrato dal Pm2,5 e dal Pm10-Pm2,5 – commenta Bigi – ci conferma che i miglioramenti tecnologici hanno contribuito alla diminuzione di questi 2 inquinanti e del Pm10 a prescindere dalla variabilità meteorologica. Il calo del Pm10-Pm2,5, e il fatto che il Pm10 e il Pm2,5 abbiano concentrazioni sempre più simili, soprattutto in inverno, confermano come, per ridurre l’inquinamento da particolato, l’attenzione si debba inevitabilmente spostare sempre più sulle emissioni gassose, ad esempio ossidi di azoto e ammoniaca, emissioni che nelle tipica meteorologia invernale reagiscono contribuendo alla metà o più del Pm2,5”.