Home Nazionale Anziani: Lidia Ravera lavora a ‘Old Friends’, sitcom tv contro stereotipi

Anziani: Lidia Ravera lavora a ‘Old Friends’, sitcom tv contro stereotipi

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Milano, 29 nov. (AdnKronos Salute) – “Non avrò pace finché non avrò modificato l’immagine brutta di vecchiaia che ognuno ha dentro di sé, finché non capirete che i vecchi non esistono, ma esiste solo chi ha più passato e meno futuro, e che anche il passato è una protesi esistenziale importante”. La lotta agli stereotipi sulla terza età per Lidia Ravera è diventata “un impegno politico serissimo”, che la scrittrice ha descritto a Milano durante la presentazione dell’indagine ‘Generazione 55 special’, condotta da Ipsos e promossa da Amplifon. Dopo i romanzi ‘Piangi pure’, ‘Gli scaduti’ e ‘Terzo tempo’, una trilogia dedicata agli ‘over’, l’autrice ha lavorato a una serie televisiva che si chiama ‘Old Friends’ sulla falsariga della sitcom americana manifesto dei trentenni. Al posto di Rachel, Monica e Phoebe ci saranno “3 signore sui 60 anni”, e invece di Ross, Chandler e Joey “3 maschietti sui 60-70”.
Età diverse, “stesse dinamiche”. Perché “contrariamente a quanto si pensa – precisa Ravera – la vita circola ancora” e a volte anche meglio. “Ogni anno che passa sono libri letti, incontri fatti, dolori superati”. Bisogna “restare titolari di desiderio”, ammonisce. “Dopo una certa età le relazioni continuano o ne nascono di nuove. Spesso dopo i 65 anni si formano coppie e i dati ci mostrano una crescita dei matrimoni fra ultra 75enni”. Rendersene contro e “introiettare un’immagine positiva di questa fase della vita” è una questione culturale, riflette la scrittrice. “Cresciamo temendo la vecchiaia come un buco nero in cui si cade. Io stessa me ne sono preoccupata appena uscita dall’età pediatrica, fino a diventarne un’antropologa”. Il messaggio che “non bisogna accettare il copione” va insegnato ai bambini, “comunicato nelle scuole: invecchiare è un viaggio, un’avventura individuale che può rivelarsi molto piacevole”. L’obiettivo di Old Friends è proprio “dipingere un’immagine di ‘anziano’ che non si porti dietro aggettivi squalificanti e irricevibili”.
Per un progetto in cantiere, un altro già in corso: “A Roma – ricorda Ravera – ho fondato i ‘Senior Caffè’, gruppi di 20 donne che si riuniscono per confrontarsi, parlare, segnalare eventuali episodi di ‘ageismo’, di razzismo verso la terza età. In gennaio nascerà un Senior Caffè anche a Milano”, annuncia la scrittrice. “Questi 30 anni di vita che abbiamo davanti”, e che “ci sono stati regalati da 80 anni di pace pur relativa, dalla scienza e dalla tecnologia, non possono rimanere stanze vuote: dobbiamo arredarle”, esorta l’autrice che ha infine in mente di elaborare per i senior una ‘Carta dei diritti e dei doveri’. “Faccio un esempio che sembra piccolo, ma non lo è: corro da 25 anni, anche per un’ora-un’ora e mezza. Spesso lo faccio a Villa Pamphili che è il parco più grande di Roma, o sul Lungotevere che prosegue per chilometri e chilometri. In nessuno dei due c’è un bagno”, dovrebbe essere il primo diritto.
Roberto Bernabei, geriatra del Policlinico Gemelli di Roma e presidente di Italia Longeva, sposa “in toto” la visione dell’autrice. “Oggi un 70enne fa tutto quello che fa un 40enne – afferma – con la differenza che lo fa meglio perché è più esperto, più sicuro di sé, sereno e risolto. Questi nuovi vecchi sono supereroi benché obbligati dallo Stato sociale a fare i nonni (io stesso ne ho due fissi in casa) o i caregiver”, osserva lo specialista che segnala come “un vuoto” l’assistenza domiciliare in Italia: “Una ricerca europea ha calcolato che nel nostro Paese un caregiver ha prestato nella settimana precedente 23 ore di cure, a fronte di un’ora di assistenza” esterna. “Nelle altre nazioni accade l’esatto contrario”.
Dalla scrittrice arrivano anche un monito e un’idea rivolti alla politica: “E’ distratta – dice – guarda al suo ombelico e poco alla realtà. Non aprono mai questa maledetta finestra per guardare che la nostra società sta invecchiando molto rapidamente e molto drasticamente. L’unico modo in cui dimostrano di rendersene conto è aumentando l’età della pensione, ma non è così che si fa. La vita continua – incalza Ravera – Io ho uno slogan che è ‘Per una vita che duri tutta la vita’. Voglio una vita che duri tutta la vita, la voglio per me e la voglio per i miei antichi compagni e attuali sodali di vecchiaia”. Ecco perché “secondo me la pensione dovrebbe essere su base volontaria”.
Cosa significa? “Io scriverò romanzi anche sul letto di morte, in agonia – garantisce l’autrice – Li detterò, li soffierò dal naso, non so come farò, ma so che lo farò fino all’ultimo. Però, se avessi passato la vita a scaricare casse, probabilmente sarei stanca e allora avrei diritto ad andare in pensione anche se ho altri 30 anni di vita davanti. Spostare l’età della pensione vuol dire non aver capito l’energia, la forza, l’intelligenza, l’ironia, la pazienza che ha questa generazione. E’ preziosa e metterci all’angolino è veramente miope”. Specie perché finora “si è vista solo la punta dell’iceberg e se ne accorgeranno anche i politici”, le fa eco Bernabei. “I ‘baby boomers’ saranno vecchi totalmente diversi e non dimentichiamo che esiste un mercato per tutti. Occupiamocene”, conclude il medico: “Rischiamo anche di guadagnarci”.