Home Nazionale Esperti, ancora poco diffuse terapie hi-tech, invece possono ridurre spesa nel tempo ‘Non camminavo più e oggi faccio 4 km a piedi, tecnologia è sempre più piccola e discreta’

Esperti, ancora poco diffuse terapie hi-tech, invece possono ridurre spesa nel tempo ‘Non camminavo più e oggi faccio 4 km a piedi, tecnologia è sempre più piccola e discreta’

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Milano, 1 mar. (AdnKronos Salute) – Per 12 anni ostaggio del dolore cronico. E’ la storia di Monica Spizzirri, che oggi di anni ne ha 36 e racconta all’AdnKronos Salute di quando, nel 2002, la sua vita da ragazza attiva e spensierata si è interrotta sul più bello. L’incubo è cominciato con una “piccola, ma fastidiosa ernia del disco che era migrata sul nervo sciatico e mi aveva creato dei deficit motori non da poco. Da lì è stato un susseguirsi di interventi, recidive, terapie, farmaci, di tutto e di più”. Con un unico chiodo fisso: ‘zittire’ quel dolore quotidiano e tornare in sé.
Monica aveva 20 anni, ha dovuto superare i 30 per “trovare la terapia antalgica giusta”, dice. Una terapia hi-tech. “Mi è stato proposto di inserire uno stimolatore midollare”, un ‘pacemaker’ del dolore. “All’inizio ero titubante, se sei giovane fa un po’ paura. Cercavo su Internet e non trovavo grandi informazioni. Mi sono buttata. E non mi sono pentita, perché la mia esistenza è totalmente cambiata”. Succedeva 4 anni fa. Cosa è cambiato da allora? “Io non mettevo più i tacchi dal 2002 e ora li indosso – racconta – non camminavo più neanche per una passeggiata e adesso vado al lavoro e mi faccio 4 chilometri a piedi. A 31 anni ho ripreso la mia vita da dove l’avevo lasciata a 20”.
Poi di recente c’è stato un ulteriore passo avanti per lei: “Ho fatto la sostituzione con il nuovo sistema Intellis*”, piattaforma più avanzata e dispositivo miniaturizzato, disponibile da circa un mese in Italia e presentato da Medtronic in questi giorni durante un incontro tra esperti a Milano.
Monica offre il suo punto di vista di paziente: “Lo stimolatore è più piccolo, discreto, pratico. Posso permettermi un pantalone a vita bassa, ricaricarlo mentre sono in giro. Nel viaggio in treno da Torino a Milano in un’ora la batteria è andata da zero a 100. Se non dovessi fare la ricarica la sera mi dimenticherei di averlo addosso”.
Monica ha scelto di raccontarsi perché spera che la sua testimonianza possa servire ad altri. A chi dopo tanto tempo ha perso la speranza di vincere la battaglia contro il dolore, che viene definito cronico se dura da oltre 3-6 mesi. “E’ una vera e propria malattia – sottolinea Michele Sofia, direttore del Dipartimento funzionale interaziendale di cure palliative e terapia del dolore dell’Asst Rhodense di Garbagnate Milanese – e come tale va trattata”. Ma in Italia, spiegano gli esperti, oltre la metà dei pazienti accede alle strutture specialistiche in modo casuale e dopo molti anni di sofferenze.
I centri che si occupano di terapia del dolore sono circa 200 nel Belpaese, ricordano, gli ‘hub’ che praticano interventi di neurostimolazione midollare sono 32. Sulla procedura ci sono raccomandazioni nelle linee guida della Federazione europea delle società neurologiche (Efns) e del Nice (National Institute for Clinical Excellence) inglese.
In Italia gli esperti parlano di “sottotrattamento dei pazienti che potrebbero beneficiare della terapia. Meno del 15% di quelli candidabili (circa 40 mila all’anno) si sottopone a un test per verificare l’efficacia della procedura”.
C’è, sottolinea Vito Petruzzelli, direttore della Terapia del dolore e cure palliative all’ospedale generale regionale Miulli di Acquaviva delle Fonti, “una scarsa diffusione di questi sistemi e non si fa tanta informazione ai pazienti. Ci vorrebbe, fra le altre cose, una maggiore attenzione da parte degli amministratori a considerare lo sviluppo della spesa nel tempo e non nell’immediato. Con i sistemi di neurostimolazione andiamo infatti a ridurre la presenza dei pazienti nelle strutture sanitarie, l’utilizzo dei farmaci e così via. E quindi riduciamo la spesa nel tempo”.
“Io ero arrivata a deprimermi – conclude Monica – Il primo impatto è con il medico di base, che se non è informato ti manda dallo specialista sbagliato. Forse avrei trattato la mia ernia diversamente se avessi saputo a cosa andavo incontro. Forse non sarebbe passato tanto tempo. Ho sofferto tantissimo, sono passata da vari interventi inefficaci. Con lo stimolatore midollare ho recuperato entrambe le gambe, vado in piscina, in palestra, lavoro, faccio corsi di formazione. Mi sento viva, come ormai non lo ero più”.