Home Nazionale Foibe: Ciambetti, fare i conti con il passato, ammettere colpe e responsabilità (4)

Foibe: Ciambetti, fare i conti con il passato, ammettere colpe e responsabilità (4)

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(AdnKronos) – “Questi numeri spiegano molte cose e tra queste un dato della diaspora istro-giuliano-dalmata: il tentativo di ricostruire una vita partendo da zero, spesso con mille difficoltà, il più delle volte potendo contare solo sulla propria volontà di lavorare. Questi esuli e profughi non fecero né dell’assistenza pubblica né della carità privata la loro principale fonte di sostentamento e nel volgere di pochi anni si affrancarono dagli aiuti esterni. Certamente furono favoriti anche dalla congiuntura che stava portando l’Italia verso il boom economico della fine degli anni Cinquanta, ma è anche vero che non se ne stettero con le mani in mano”, prosegue Ciambetti.
“Vi furono anche importanti investimenti per sostenere la costruzione di abitazioni come con la legge 4 marzo 1952 n. 137 con lo stanziamento di 9 miliardi per la costruzione di nuovi alloggi destinati ai ricoverati oltre che agevolazioni per la rinascita di attività artigianali, fondo grazie ai quali nacquero i cosiddetti borghi che ancor oggi segnano molte città italiane. Tre anni più tardi, con la legge 31 marzo 1955 n. 240, si previde l’erogazione di cinque miliardi di lire all’Ente Tre Venezie per la “trasformazione fondiaria di stabile sistemazione produttiva per i profughi”: provvedimenti importanti, forse dettati anche dal tornaconto elettorale visto che soprattutto la Democrazia Cristiana aveva ben compreso come quei cittadini potevano essere un formidabile serbatoio di voti”, sottolinea Ciambetti.
“Contrariamente alla volgata che il Pci, la Cgil e buona parte dell’intellighenzia italiana avevano diffuso, gli esuli non erano in prevalenza fascisti, né nostalgici del regime – ricorda – Interessantissimo il dato delle elezioni del 27 e 28 maggio 1956: nei seggi dei Campi Profughi di Trieste la Dc ottenne l’83,53 per cento dei voti mentre il Movimento Sociale Italiano, che aveva fatto di Trieste un suo cavallo di battaglia a livello nazionale, spuntò solo il 5.4 per cento dei voti. Secondo i dati dell’Opera Assistenza profughi ad abbandonare le terre finite nella Jugoslavia comunista di Tito non fu quell’esercito di borghesi ricchi sfruttatori del sottoproletariato slavo che si volle dipingere bensì un piccolo mondo composto per il 45,6% da operai, il 17,6% da impiegati e dirigenti, il 7,7% da commercianti e artigiani, il 5,7% di liberi professionisti, mentre il restante 23,4% vedeva donne senza specializzazione, anziani, disabili”.