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Il saluto a Massimo Pavanel

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Il saluto a Massimo Pavanel
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Quando due persone si salutano e la commozione fa incrinare la voce, ci si ferma un attimo per fare un bel respiro e una piccola lacrima bagna la guancia significa che quell’incontro ha avuto di speciale. E’ ciò che è accaduto ieri durante la conferenza stampa di Massimo Pavanel. Quando l’ormai ex allenatore amaranto si è fermato perché la sua voce non usciva nitida ma stentava colta dall’emozione ecco che un applauso liberatorio ha aiutato, tutti, a superare quel momento così difficile. Di Pavanel abbiamo scritto e detto ormai di tutto e di più ma ogni volta che lo incontri, che ci scambi una parola o anche solo uno sguardo senti che sei arricchito, che hai dentro di te qualche cosa in più, che sei migliore di prima. E’ fatto così Massimo Pavanel, ti regala sempre un po’ di saggezza. Ripensando a quest’annata così travagliata eppure così spettacolare, emozionante, gioiosa mi tornano in mente alcune cose che ho pensato in questi ultimi giorni.

La prima è relativa a Carrara. Dico subito che non ero al seguito della squadra e quindi la mia esperienza è diversa da quella di quasi tutti coloro che l’hanno sin descritta. Impegni familiari improrogabili. Sono ad Arezzo, non ho neppure la possibilità di guardare la diretta web. Mi sintonizzo su “Diretta.it” in attesa dell’aggiornamento dei risultati. Ogni tanto uno sguardo al cellulare, le notizie dagli altri campi non sono favorevoli. Poi verso la fine ecco che qualche cosa si muove finché si accende una lucina rossa accanto al nome Arezzo. Ormai sono esperto. E’ il segnale che abbiamo segnato. Urlo di gioia…da solo…Sento una voce, non è Riccardo con il quale ho condiviso gioie e dolori, caldo e freddo durante tutte le gare al Città di Arezzo. E’ una voce preoccupata che mi possa essere capitato qualche cosa di spiacevole. Torno, per quanto possibile, “normale” e tranquillizzo sul mio stato di salute. Mi rendo conto dell’eccezionalità di quello che stiamo vivendo solo il giorno successivo quando, appena fuori casa, trovo amici che mi fermano felici e con loro si ripercorre il cammino degli ultimi indescrivibili mesi.

Passano i giorni e terminano i festeggiamenti. Sono in studio, sento il classico suono che mi avverte di una email in arrivo. Penso a qualche cosa di lavoro invece no, è la mia casella personale. Leggo lo scarno comunicato della società; Pavanel non è più il mio, il nostro, allenatore. Devo ricorrere ad un lungo respiro per tornare in me. E’ un attimo, poi cerco di scacciare la malinconia che sta per assalirmi. Penso allora a quegli amori adolescenziali, quelli estivi, di quando sei in vacanza. Di solito durano non più di due settimane, il tempo della vacanza. Sono quegli amori adolescenziali che non hanno avuto il tempo di uno screzio. E’ stata solo “passione”, “infatuazione” poi le famiglie devono rientrare alle proprie residenze e ti rimane il ricordo di una persona ai tuoi occhi perfetta. Questo è successo tra Arezzo e Pavanel. Non vi è stata possibilità di avere neppure un attimo negativo. Ci salutiamo senza poter ricordare neppure una cosa negativa uno dell’altro.

In ultimo l’accostamento che ho fatto con un altro momento particolarissimo della storia calcistica aretina. La “Rovesciata di Menchino Neri”. Sbagliando il rigore (che ci avrebbe dato la salvezza) contro il Campobasso Neri, aretino puro sangue, vive una tragedia interiore indescrivibile e con lui lo stadio al completo. La stessa cosa la vive l’Arezzo attuale con tutte le vicissitudini societarie, il fallimento e la partita di Pontedera che rischia di essere l’ultima prima della radiazione. Torniamo indietro nel tempo. Passano pochi minuti. Calcio d’angolo palla in area. Menchino Neri è girato spalle alla porta, qualcosa lo porta a tentare una rovesciata, colpisce la palla e segna. GOOAAALL inizia l’apoteosi. Dopo avere sbagliato il colpo più facile segna con quello che è il gesto per eccellenza del calcio, la rovesciata. Lo stadio lo acclama. Gli avversari si fermano ad attendere che gli infiniti festeggiamenti terminino per riprendere la gara. L’arbitro evita di ammonirlo per la seconda volta (sarebbe stata espulsione) ed il portiere avversario gli corre incontro per stringergli la mano. Neri dal baratro, in pochi minuti, assurge a mito ed ancora oggi, ogni volta che rivedo il film di quell’impresa mi commuovo. Pavanel ha cementato intorno a se un gruppo straordinario ed è riuscito, con i suoi ragazzi, a vincere contro tutto e tutti. Ha tramutato in oro l’astinenza obbligata dai campi di gioco causa il rinvio di tre gare ed allo stesso modo è riuscito ad ottenere il massimo da un turno di 8 gare in 24 giorni che avrebbe stremato chiunque altro sino alla magica vittoria di Carrara che ha reso inutile la restituzione, fuori tempo massimo, di 2 punti di penalizzazione. Ci siamo salvati sul campo, senza l’aiuto di nessuno, con le nostre forze. Pavanel ed i suoi ragazzi non solo hanno ottenuto la salvezza ma, con le loro imprese, hanno permesso che la società, che molti davano per finita, riprendesse invece vita e continuasse una splendida avventura. Posso dire di essere stato presente sia alla prima che alla seconda impresa; certo non merito mio ma solo per l’età che non è più giovanissima.

Da oggi torneremo a guardare avanti, alla prossima campagna acquisti, a chi sarà il nuovo allenatore, al prossimo campionato ancora il Lega Pro certo che quando e se succederà che Massimo Pavanel tornasse ad Arezzo alla guida di un’altra squadra nessuno lo accoglierà da “avversario” ma come un amico che torna a trovarci. Ciao e buona fortuna Massimo.