Home Nazionale Migranti: Nicolini attacca sindaco Lampedusa, racconta fandonie e getta benzina sul fuoco

Migranti: Nicolini attacca sindaco Lampedusa, racconta fandonie e getta benzina sul fuoco

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Palermo, 3 mar. (AdnKronos) – “Il sindaco di Lampedusa Salvatore Martello racconta fandonie su di me sulla gestione dei migranti. Lui e l’intera amministrazione non si limitano a sparare fandonie, ma buttano benzina sul fuoco, incendiando gli animi, perché ricreare l’emergenza, che non c’era più, dovrebbe servire a far dimenticare ai cittadini le inefficienze su tutti gli altri fronti. Dato che non esiste”. Ad attaccare il primo cittadino è l’ex sindaco Giusi Nicolini, arrabbiata per una riunione che si è tenuta nei giorni scorsi al Comune per parlare di migranti. “Apprendo che si è tenuta una pubblica riunione presso il Comune di Lampedusa per trattare il tema migranti – spiega Giusi Nicolini – L’attuale sindaco ha aperto la riunione dichiarando una serie di fandonie, tra le quali meritano particolare attenzione le seguenti: che i dichiarati problemi di ordine pubblico provocati dai ragazzi tunisini presenti in questo periodo sull’isola (alcuni piccoli furti e qualche scontro), siano tutti da addebitare al sistema hot spot; che l’hot spot sia una mia creatura o, comunque, sia stato da me voluto; che la ragione per cui io avrei voluto l’hot spot a Lampedusa sia la solita: quella che io ci avrei guadagnato in immagine; che l’unica soluzione a questo disastro (tutto provocato, naturalmente, da me) sia far chiudere l’hot spot e, quindi, il centro di accoglienza”.
“Ora, io ritengo che sia possibile vaccinarsi contro gli impostori e che i lampedusani meritino verità e rispetto. Andiamo per gradi – spiega l’ex sindaco di Lampedusa – L’Hotspost è una struttura dove si effettua l’identificazione di tutte le persone sbarcate entro le 72 ore dal loro arrivo, con contestuale inserimento delle informazioni (impronte, foto, generalità) in una banca dati europea, oltre che in quella italiana; non è, ovviamente, una mia invenzione. Non è neppure una invenzione dell’allora Ministro Alfano o del Governo italiano, né di quello greco; è noto da oltre due anni che il sistema hotspot (cioè l’identificazione obbligatoria, fatta nel luogo di sbarco, di tutti coloro che sono stati soccorsi) è stato voluto dall’Europa e imposto all’Italia e alla Grecia come condizione necessaria per attuare il ricollocamento dei rifugiati negli altri Paesi Europei”.
“L’Europa ha, cioè, detto più o meno questo: “ se volete che una parte dei rifugiati venga accolta dagli altri paesi Europei, secondo quote prestabilite, dovete prima istituire gli hotspot e, se non lo fate, noi non prenderemo in carico nessun rifugiato sbarcato in italia o in Grecia” – dice ancora Giusi Nicolini – Il sistema hotspot serviva all’Europa a rendere effettivo il sistema d’asilo stabilito dal Regolamento di Dublino, che è la vera causa di tutti i mali sia per i rifugiati che per le comunità dei Paesi di sbarco, perché appunto stabilisce che deve rimanere in Italia chiunque vi sbarchi”.
“La ragione fondamentale per cui è stato imposto l’hotspot è chiarissima: se tutte le persone sbarcate vengono identificate e i loro dati inseriti in un’unica banca dati, sarà facile rimandare indietro ( verso l’Italia o la Grecia) coloro che tenteranno di attraversare le Alpi (o i Balcani), cioè tutti i migranti cosiddetti “economici” o comunque coloro che non possono avere lo status di rifugiato, o anche gli stessi rifugiati non compresi nel piano di ricollocamento europeo – spiega ancora Nicolini – L’hotpost si inquadra, quindi, nella più ampia strategia di chiusura delle frontiere, anche se di fatto favorisce clandestinità, sfruttamento, abbandono”.