Home Nazionale Ntv: Ugl, no a nuovo contratto, a nuove forme delocalizzazione (2)

Ntv: Ugl, no a nuovo contratto, a nuove forme delocalizzazione (2)

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(AdnKronos) – “Dopo aver diviso i proventi, invece di pensare ai suoi lavoratori, Ntvv – dice ancora il sindacalista – vende tutto il pacchetto aziendale al fondo d’investimento americano GIP – Global Infrastructure Partenrs. Dopo la vendita agli americani, Ntv cambia parte dei dirigenti apicali e cerca di arrivare al famigerato rinnovo del contrato di lavoro aziendale, ormai scaduto da tempo, Visto che ormai NTV è diventata una società che finalmente produce utili, che fa investimenti nell’acquisto di nuovi treni e che apre nuove tratte, i sindacati o almeno una parte di essi (Ugl compresa) hanno pensato opportunamente che fosse arrivato il momento di riconoscere anche ai lavoratori la loro parte nel conseguimento di quei risultati positivi, alla luce dei sacrifici fatti”.
“Ma anche per la ‘nuova’ Ntv evidentemente – sottolinea Favetta – ai lavoratori il riconoscimento non spetta: infatti sottoscrive la settimana scorsa con Cgil, Cisl e Fast-Confsal un’ipotesi di Contratto Nazionale Aziendale di Lavoro che non prevede l’adeguamento alle norme contenute nel contratto nazionale di lavoro della Mobilita Attività Ferroviarie. L’ipotesi di contratto siglata la scorsa settimana prevede addirittura deroghe peggiorative rispetto al precedente contratto aziendale, già molto ‘snello’, arrivando addirittura a demansionare le mamme in allattamento. Per la parte economica investe un totale di soli 3.3 milioni totali in 3 anni, su un utile stimato per il solo 2018 almeno pari ai 38 milioni del 2017”.
“Per l’Ugl – dice Favetta – tutto questo è inaccettabile, non solo perché al fondamento della nostra azione sindacale c’è la partecipazione dei lavoratori alla gestione e ai risultati d’impresa, ma anche per non permettere a nessuno che, laddove non è possibile delocalizzare all’estero, vengano inventati sistemi per sfruttare i lavoratori e le tasse dei cittadini italiani favorendo capitali esteri. Quando una crisi aziendale è ampiamente superata, i ricavi economici e il benessere dei lavoratori italiani non possono essere surclassati per favorire i ricavi di un fondo straniero, che si giova dei sacrifici fatti dai lavoratori senza dare nulla in cambio”.