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Ricerca: le canzoni del Dna, proteine in musica all’Ifom di Milano

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Milano, 6 apr. (AdnKronos Salute) – Nel nostro Dna si nasconde uno spartito musicale. Anzi 23 mila, tanti quante sono le differenti proteine che abitano in ogni cellula. Paolo Soffientini, ricercatore di proteomica all’Ifom-Istituto Firc di oncologia molecolare di Milano, doppia professione di scienziato e batterista, da 2 anni è al lavoro per svelarli e farceli ascoltare. Perché “le proteine sono melodia”, spiega il biotecnologo all’AdnKronos Salute. L’idea è stata incrociare l’alfabeto della musica con quello del codice della vita: a ciascuna lettera del genoma viene abbinata una nota, in modo tale che ogni gene, e quindi ogni proteina, possa diventare un suono. Mescolandone diversi si ottiene un brano, poi un altro ancora e potenzialmente infiniti altri: le ‘canzoni del Dna’. Ne è nato un progetto, che si chiama ‘Prote_IN Music’ e fa da colonna sonora alla mostra ‘Imagine’ allestita fino al 10 aprile all’Ifom.
In un ambiente immersivo ‘sound and vision’, chi la visita potrà capire che “scienza e arte non potrebbero essere più vicine” – come recita il sottotitolo dell’esposizione – ammirando un centinaio di opere speciali. Sono proiezioni gigantografiche che alternano immagini fisse ad altre in movimento, ricavate partendo da ciò che i camici bianchi vedono quando osservano la vita al microscopio. L’estetica dell’imaging, “la tecnica via via più sofisticata che ci permette di descrivere sempre più nel dettaglio quello che succede dentro ogni cellula e che è la più affascinante da un punto di vista artistico”, dice il fisico Dario Parazzoli, coordinatore dell’Imaging Lab dell’Ifom e ‘anima’ della mostra insieme a Soffientini e a Elena Bauer, responsabile comunicazione dell’Istituto no profit creato nel 1998 dalla Fondazione italiana per la ricerca sul cancro-Airc Firc.
Nel magico mondo dell’imaging, descrive Parazzoli, organoidi e sferoidi tumorali sembrano nebulose o pianeti colorati; le cellule cancerose che migrano inscenano una danza in cui forme e tinte accese si mischiano come in un quadro astratto, e la retina dell’occhio assomiglia a un fiore. Come sottofondo di questo spettacolo ci sono due composizioni firmate da Soffientini: una si intitola ‘Happiness’ e mette sul pentagramma la cascata biochimica generata dalla dopamina, l’ormone della felicità che diventa tema musicale. Un nuovo ‘inno alla gioia’, scritto non da Beethoven, ma dalla scienza.
In Happiness la dopamina, una volta legata al suo recettore la cui sequenza è suonata dal basso, attiva un complesso meccanismo che coinvolge il trasportatore specifico Dat riprodotto dalla chitarra; una volta entrato nei neuroni, l’ormone della felicità attiva le difese immunitarie che ci proteggono dall’attacco di virus e batteri ringiovanendo l’esercito degli anticorpi, interpretato dalle percussioni. La seconda traccia registrata nel ‘disco del Dna’, e filodiffusa con Happiness alla mostra Imagine, è ‘Degradation’: le note raccontano la vita e la morte dell’oncosoppressore p53, la proteina ribattezzata ‘guardiano del genoma’ perché ha il compito di mantenerlo stabile, contrastando eventuali mutazioni potenzialmente responsabili del cancro.
La terza composizione è ‘Repair’. Non fa parte della colonna sonora di Imagine, però “è la mia preferita – confida Soffientini – sia perché mi permette di riascoltarmi nel jazz sia per il messaggio che manda: parla della riparazione del Dna a opera di Atm e Atr, due fattori proteici chiave, deputati ad aggiustare i danni arrecati al nostro genoma anche con la complicità di stili di vita sbagliati. Se fino a un certo punto la nostra cellula è in grado da sola di ‘metterci una pezza’, oltre un determinato limite non ce la fa più” e così inizia l’effetto domino che può scatenare un tumore. Lo scienziato consiglia di tenerlo ben presente nella vita di tutti i giorni, “per esempio quando decidiamo di uscire a bere un aperitivo con gli amici e da un bicchiere si passa a una bottiglia, e poi a 2 o 3”. Oppure “quando ci concediamo una trasgressione a tavola, ma poi mandiamo all’aria tutta la dieta mettendo a rischio la salute”.
Ma come è nato il progetto Prote_IN Music? “Il viaggio è stato lungo”, risponde Soffientini. Milanese, classe 1975, lo scienziato fa parte della prima tornata ‘tricolore’ di laureati in Biotecnologie agrarie e vegetali, usciti dall’università proprio quando l’Italia metteva rigidi paletti alle sperimentazioni Ogm. Grazie a una tesi sui ‘batteri spazzini’ utili a risanare i siti inquinati, comincia a lavorare in una piccola azienda che si occupa di microbiologia ambientale e tuttavia decide di tornare alla ricerca di base. Prima al Cnr, settore neuroscienze; poi all’Istituto nazionale tumori di Milano; quindi da ‘cervello in fuga’ a San Diego in California, fino al rientro in Italia con l’approdo all’Ifom 12 anni fa. “Ci sono arrivato a fine 2006, ma lavoro sulle proteine da 15 anni. Il colpo di fulmine l’ho avuto al Cnr e qui in Istituto ho trovato le tecnologie giuste per esprimere la mia passione”. Un amore che il tempo non appanna.
Dal laboratorio alla sala di registrazione. Come è avvenuto il passaggio? “Ho incominciato a studiare chitarra alle medie – ricorda Soffientini – poi mi sono dedicato alla batteria e da allora, nonostante il mio percorso scientifico parallelo, non ho mai più smesso”. La musica come seconda professione: “Suono da professionista da 10 anni e porto avanti diversi progetti musicali, dal jazz al commerciale. Lavoro per due grosse agenzie italiane che organizzano eventi di vario tipo. Feste private, matrimoni”. Ma “fra musica e scienza c’è un nesso molto stretto” e il ricercatore ha deciso di esprimerlo usando le due cose che conosce meglio: proteine e percussioni.
“Al bancone – dice – mi capitava spesso di tamburellare sui cilindri di laboratorio e di ascoltare i suoni che riuscivano a emettere. Così mi è venuto in mente che potevo spiegare il genoma ai bambini abbinando idealmente a cilindri diversi le 4 basi azotate che formano il Dna: Adenina (A), Citosina (C), Guanina (G), Timina (T). All’inizio è nato un laboratorio per i piccoli, poi il progetto Prote_IN Music”. Il primo aiuto nell’opera di traduzione proteine-musica è arrivato dalla lingua inglese che indica le note con le lettere: la A è un La, la C un Do, la G un Sol. “L’illuminazione – precisa il ricercatore – era già venuta a un docente della Western Sydney University australiana, Mark Temple, che abbinando Adenina, Citosina e Guanina alle 3 note corrispondenti, suonate con una tastierina, cercava di spiegare la complessità del genoma”. Mancava la T di Timina, “ma sostituendola con una E avevamo a disposizione anche un Mi. Quattro basi uguale 4 note”. Bastavano.
Riassumendo: i geni sono sequenze di basi, le basi coincidono con delle note, quindi sostituendo le note alle basi ogni gene – e la proteina corrispondente – può avere un suono. Ma rispetto a Temple, Soffientini ha fatto un passo avanti: “Perché limitarci a suonare una singola proteina, quando invece possiamo suonare un intero processo biologico? Si prendono tutte le proteine che vi partecipano e si suonano tutte insieme”, seguendo uno spartito più lungo e articolato, più armonico e più bello. Ecco come sono nate Happiness, Degradation e Repair.
In un’esibizione live al Museo della Scienza e Tecnologia di Milano, il 18 giugno scorso, “le abbiamo suonate in tre: io e due amici, un pubblicitario e un grafico curiosi di scienza”, ricorda il ricercatore che ci tiene a citare tutta “la squadra: chitarra e sintetizzatore, Gianluca Villa; basso e synth, Dario Giordano; assistenza tecnica, Paolo Perego; ringraziamenti a Eleonora Del Pozzo per Gibson, a Stanton dj e Philips. La performance al museo è stata il nostro debutto, la mostra Imagine è il nostro secondo ‘passaggio’ e il sogno è allargare il progetto. In ogni cellula ci sono circa 23 mila proteine diverse, che fanno delle cose e sono melodia; e se è vero che è impensabile un’orchestra con 23 mila musicisti, il sogno potrebbe essere mettere in piedi una Charity con quanti più artisti vorranno partecipare. Sai che musica…”
Soffientini, scienziato, batterista e a breve anche scrittore – dopo l’estate uscirà il suo primo libro, edito da Mondadori, tema la longevità sostenibile – non è l’unico camice bianco dell’Ifom che coltiva l’arte insieme alla scienza. Lo fa anche Parazzoli, perché “quando lo scienziato analizza e studia il frutto delle tecniche di imaging, diventa in parte anche un po’ artista. L’imaging – sostiene – può essere considerata una sorta di fusione fra tecnologia e arte al servizio della scienza”. Lo pensa pure Valentina Fajner, ricercatrice di mestiere e pittrice per passione: “Arte e scienza sono due amori nati in me alle scuole medie – racconta – poi nella vita ho deciso di proseguire il mio percorso formativo in ambito scientifico e ho studiato biotecnologie, ma non ho mai smesso di dipingere, anche se a livello amatoriale”.
“Dipingere mi rilassa e mi aiuta a mettere in ordine le idee”, spiega la giovane scienziata in un video prodotto dall’Ifom per la mostra Imagine, che nell’ambito dell’iniziativa ‘Stem in the City’ promossa dal Comune di Milano vuole appassionare alle discipline Stem (Science, technology, engineering, mathematics) anche gli studenti che presentano un’inclinazione artistica. “Mi piace molto dipingere la natura, è lei che mi ispira; mi piace osservarla e poi reinterpretarla”, dice Valentina che adora “i colori sgargianti e non solo sulla tela. Anche in laboratorio, dove la mia tavolozza sono le immagini scientifiche e gioco coi colori per evidenziare e interpretare i meccanismi molecolari che studio. Tutto sommato – sorride – anche in laboratorio io continuo a dipingere”.