Home Nazionale Ricerca: lui, lei e il lavoro, uomini hanno più pregiudizi inconsci

Ricerca: lui, lei e il lavoro, uomini hanno più pregiudizi inconsci

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Milano, 13 set. (AdnKronos Salute) – Il cervello non mente: su lavoro e stereotipi di genere sono gli uomini ad avere più pregiudizi inconsci. Parola di scienziati. A sbirciare nella mente di lui e lei è stato un team di ricercatori italiani, dell’università di Milano-Bicocca, in uno studio pubblicato sulla rivista ‘Brain and Language’. Uomini e donne sono stati messi alla prova davanti a situazioni che contrastano con l’idea preconcetta che si può avere dei diversi mestieri e in base alla quale si tende a vedere alcune occupazioni come prerogativa di un sesso piuttosto che dell’altro. Gli scienziati sono così riusciti a misurare la presenza dei pregiudizi inconsci registrando le risposte bioelettriche di errore durante la lettura di frasi costruite ad hoc.
Nella sperimentazione condotta nei laboratori dell’ateneo i ricercatori del Dipartimento di psicologia hanno quindi guardato ai potenziali bioelettrici cerebrali che derivano dall’attività mentale dei partecipanti e hanno evidenziato la presenza di risposte automatiche ampie e precoci soprattutto negli uomini, suggerendo una differenza di genere nella stereotipizzazione relativa all’occupazione. A tutti i soggetti arruolati nello studio – un campione formato da 38 partecipanti, 19 maschi e 19 femmine – sono state presentate centinaia di frasi in italiano, tra le quali alcune costruite ad arte per creare determinate aspettative e poi confermare o violare pregiudizi di genere come l’associazione in campo professionale di forza fisica e potere agli uomini, e di empatia, delicatezza e cura del prossimo alle donne.
Alcuni esempi sono: “Preparò il sugo e si fece la barba”; “Lasciò il pattinaggio artistico quando divenne padre”; “Stese i panni e raggiunse la moglie”. In modo speculare, con personaggi femminili: “Il notaio sta allattando”; “Cadendo dal tetto, l’antennista si è quasi ammazzata”; “L’ingegnere ha macchiato la sua gonna”. La chiave è stata individuata dai ricercatori nel potenziale elettrico N400, per il quale statisticamente è stato individuato un picco: quando la frase terminava in modo da rivelarsi incongruente con lo stereotipo di genere si attivavano varie regioni cerebrali, alcune delle quali coinvolte anche nella rilevazione delle violazioni semantiche e sintattiche, quasi come se si trattasse di un errore grammaticale.
Le differenze maggiori, rispetto alle reazioni riscontrate di fronte a frasi neutre o congruenti con gli stereotipi, sono state osservate nei partecipanti maschi: la risposta automatica a N400 era infatti particolarmente precoce, dai 250 ai 400 millisecondi. A livello anatomico, le regioni cerebrali maggiormente interessate da queste risposte bioelettriche sono la corteccia prefrontale mediale, coinvolta anche nella rappresentazione del pregiudizio etnico, la corteccia temporale mediale destra, che gestisce vari tipi di informazioni sulle persone (aspetto, voce, che cosa fanno tipicamente), e la giunzione temporoparietale, che è legata all’attribuzione di una mente agli esseri animati.
La ricerca è stata condotta nel Bicocca Erp Lab in condizioni di isolamento da luci, rumori e altre interferenze, registrando i potenziali evento-correlati (Event-related potential) mediante elettroencefalografia, con una cuffia tecnologica dotata di 128 elettrodi. Nel corso delle rilevazioni, i partecipanti erano ignari del reale scopo della ricerca ed erano prevalentemente impegnati a riconoscere frasi che contenessero nomi di animali, pensando che lo studio sperimentale vertesse appunto su questa capacità. I dati raccolti sono stati poi confrontati e integrati con la tomografia a bassa risoluzione swLoreta. Gli stereotipi di tipo occupazionale che riguardano uomini e donne, spiegano gli esperti, non si formano in modo volontario e non riguardano la concezione morale della società, ma sono rappresentazioni mentali in una certa misura inconsce e inconsapevoli che si legano alle nostre aspettative, trovano la loro origine nella nostra esperienza di vita.
“Un ruolo rilevante è giocato dai media tradizionali – commenta Alice Mado Proverbio, professoressa di Neuroscienze della Bicocca – e per i più giovani soprattutto dal web” per esempio dai video online. La continua esposizione a contenuti gender-biased, in cui la donna appare più frequentemente associata al ruolo di vittima o puro oggetto estetico, piuttosto che di manager, scienziata, persona dotata di forza, capacità e coraggio, contribuisce fortemente a creare una rappresentazione alterata, soprattutto nella mente maschile che ha meno elementi soggettivi e autobiografici per essere in disaccordo con lo stereotipo”. Secondo i ricercatori, poiché le donne vivono alcuni di questi pregiudizi soggettivamente, sulla propria pelle, li recepiscono diversamente, mentre gli uomini li osservano prevalentemente nell’ambiente esterno.