Home Nazionale Sanità: tornano i ritratti dei mecenati di Milano, accordo Policlinico-Brera

Sanità: tornano i ritratti dei mecenati di Milano, accordo Policlinico-Brera

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Milano, 24 ott. (AdnKronos Salute) – Il primo fu San Carlo Borromeo, nel ‘600. Con il ritratto dell’arcivescovo di Milano, che nel 1572 aveva nominato suo erede universale l’ospedale Maggiore, nasce la tradizione dei quadri dei benefattori che ha portato in 4 secoli ad accumularsi nel ‘caveau’ del Policlinico di via Sforza 910 opere, fra cui i lavori di artisti come Giovanni Segantini, Francesco Hayez, Mosè Bianchi, Carlo Carrà. Una carrellata di volti e storie di pezzi di società cittadina: famiglie storiche come i Visconti di Modrone, nobili, borghesi, benefattori spagnoli, grandi industriali come i Campari. Fino al 2004, anno dell’ultimo ritratto, quello dell’imprenditore farmaceutico Arrigo Recordati. Poi – causa crisi e ‘spending review’, e dopo un tentativo di proseguire con più economici ritratti fotografici – lo stop.
Oggi la tradizione rinasce per volere degli attuali vertici del Policlinico, che per la difficile missione hanno deciso di stringere una partnership con un’altra storica istituzione della metropoli, l’Accademia di Brera, scommettendo sui suoi giovani talenti, gli artisti del futuro. La caccia ai “nuovi Hayez e Segantini” è già partita. Due artisti sono già stati arruolati. Si chiamano Barnaba Canali e Romeo de Giorgi, 27 e 21 anni, hanno firmato l’accordo con cui l’Irccs commissiona loro i primi due ritratti e hanno cominciato a ‘studiare’ le vite e le immagini dei benefattori che diventeranno i protagonisti delle loro opere. In programma ce ne sono diversi altri, per i mecenati che nei 14 anni in cui la tradizione era finita in stand by non erano stati “gratificati con un ritratto, o avevano ricevuto solo quello fotografico. Ne abbiamo 13 da recuperare”, spiega il presidente della Fondazione Ca’ Granda Policlinico, Marco Giachetti, oggi durante la presentazione dell’iniziativa all’Accademia di Brera.
Chi ha diritto al quadro? Nei primi 2 secoli non esisteva una quota specifica di donazione, il Consiglio ospedaliero decideva sulla base del prestigio della famiglia o sull’importanza politica e sociale del benefattore. Nel 1810 venne invece stilato un ‘tariffario’: una donazione di 40 mila lire milanesi per avere il ritratto a mezza figura e 80 mila lire per la figura intera. Cifre via via aggiornate nel tempo. Oggi l’ospedale ha deciso di cambiare un po’ le regole, fissando una soglia di 250 mila euro come donazione minima per un quadro a figura intera e abolendo la distinzione con la mezza figura. “Abbiamo optato per una ‘tariffa flat’ – sorride Giachetti – aprendo anche alle associazioni che non sono persone fisiche, ma donano in egual modo e con la stessa generosità. Abbiamo dunque previsto per loro la possibilità di un ritratto pittorico dedicato alla memoria di un caro defunto, che sia il fondatore o una persona attiva nell’ambito della loro realtà”.
L’idea è di esporre i quadri, come da tradizione, in occasione della Festa del Perdono, momento ‘clou’ della vita dell’ospedale e della città intera ai tempi del duca Francesco Sforza. Istituita da Papa Pio II nel 1459, prevedeva che venisse concessa l’indulgenza plenaria a chi visitava la cappella dell’ospedale Maggiore nel giorno dell’Annunciazione, il 25 marzo. Ed era occasione per esporre i ritratti dei benefattori, che diventarono ben presto un simbolo di status sociale e una sorta di “operazione di marketing per l’ospedale” che invogliava così a donare.
Il flusso della beneficenza per la storica struttura del capoluogo lombardo “non si è mai interrotto – sottolinea Giachetti – I milanesi l’hanno a cuore da secoli. E hanno donato secondo le proprie disponibilità da piccole cifre a strumenti necessari per l’ospedale, ma anche generi alimentari come uova e pollame per i malati. Fino a somme ingenti, palazzi, terreni, o addirittura hanno reso l’ospedale erede universale dei loro beni. Ancora oggi sotto varie forme il Policlinico arriva a ricevere in media circa 2,6 milioni di euro l’anno. Per questo l’interruzione dei ritratti mi è sempre sembrata una ferita da sanare. Ho voluto trovare una formula che permettesse di ripristinarla e sono lieto che, pur in ‘zona cesarini’ con il mandato in scadenza fra pochi mesi, si sia raggiunto il traguardo. Per il futuro vorrei si trovasse un modo per gratificare anche i piccoli donatori”.
L’Accademia di Brera ha raccolto la sfida dei quadri dei benefattori. “Quando ho proposto loro di coinvolgere i migliori allievi – ricorda Giachetti – si è dimostrata entusiasta. Speriamo che l’opportunità data a questi ragazzi possa servire a valorizzare il loro lavoro e a far nascere gli artisti di domani”. In un’era di dominio digitale “si è persa la tradizione del ritratto”, osserva il direttore dell’Accademia, Franco Marrocco, secondo il quale l’operazione avviata con il Policlinico è espressione di qualcosa che va “oltre la questione locale. C’è una riappropriazione della pittura e dei modelli della tradizione che riporta a una discussione in atto” a livello internazionale.
Il ritorno del figurativo dopo anni di astrattismo, suggerisce Paolo Galimberti, responsabile dei Beni culturali del Policlinico. Intanto, il futuro della tradizione dell’ospedale Maggiore è nelle mani di Canali e de Giorgi, selezionati da Maria Cristina Galli, docente di Anatomia artistica e di progettazione per la pittura all’Accademia di Brera. Uno dei primi benefattori a essere ritratto sarà Dario Granata che ha donato 300 mila euro al Policlinico (e altrettanti rispettivamente a Comune di Milano e Arma dei carabinieri), per mano di de Giorgi. Mentre per Canali c’è la sfida di un doppio ritratto: quello di Elda Rizzi e la sua figlioccia Antonietta, donatrici di una somma di quasi 400 mila euro.
Seguiranno i ritratti di altri benefattori fra cui Anna Teresa Maiolo, storico primario dell’ospedale che ha amato a tal punto da donare mezzo milione di euro; l’ex presidente Giancarlo Cesana che durante il suo mandato ha rinunciato a metà del suo stipendio; i coniugi Romeo ed Enrica Invernizzi che hanno lasciato all’Irccs di via Sforza la cifra record di 20 milioni di euro.
“Siamo un ente speciale, un unicum al mondo. Un istituto di cura e ricerca che è anche il più grande proprietario terriero d’Italia e ha un enorme patrimonio di arte e cultura per il quale però non ci sono fondi”, puntualizza Giachetti che rinnova il suo appello, per nuove partnership e nuovi supporter “che ci permettano di conservare e valorizzare questo grande patrimonio. Siamo lieti che il percorso museale che abbiamo attivato viaggi al ritmo di 2.200 visite giornaliere (in proiezione 25 mila visitatori l’anno). Ci piacerebbe fare sempre di più”.