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Veneto: Manageritalia, puntare più sul terziario per ripresa più forte

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Treviso, 5 nov. (Labitalia) – “È vero che la nostra regione non sfigura guardando ai dati, ma dobbiamo invertire il calo del Pil degli anni scorsi con una ripresa più forte e pari o superiore a Lombardia ed Emilia Romagna. Per garantire uno sviluppo vero a tutto il territorio, dobbiamo riprendere a crescere puntando soprattutto su settori e business ad alto valore aggiunto che garantiscano nuova occupazione ma di qualità. Nella nostra regione dobbiamo puntare ancor più sul terziario, che abbiamo visto è quello che sta trainando la crescita, ma su un terziario più managerializzato che sviluppi business ad alto valore aggiunto e sia sempre più sinergico con l’industria in un’economia che abbatte tutti gli steccati e i paradigmi e dove questi due settori sono sempre più contigui”. Ad affermarlo Lucio Fochesato, presidente Manageritalia Veneto.
Nei giorni scorsi, si è svolta l’Assemblea d’autunno di Manageritalia Veneto, a Treviso, che è stata molto partecipata e si è concentrata sulla crescita, sulla necessità di trovare il filo logico e le opportune strategie e azioni per mantenere sul territorio prospettive di sviluppo solide, inclusive e sostenibili a vantaggio di tutti. E a supporto sono venuti i dati presentati dalla Cgia di Mestre in una parte pubblica dell’incontro, dal titolo ‘Tendenze e prospettive dell’economia del Veneto: il ruolo strategico dei manager’.
“Il Veneto – ha detto Alberto Cestari, direttore del Centro Studi Sintesi Cgia di Mestre – ha subito la crisi più di Lombardia ed Emilia Romagna e si sta riprendendo più lentamente di queste due regioni contigue. La causa principale, come ci dicono i dati, è proprio la minore presenza di manager e managerializzazione delle aziende venete, Per crescere di più, sia in quantità che qualità, dobbiamo mettere nelle nostre imprese più dirigenti e gestione manageriale”.
I dati presentati dal Centro Studi Sintesi Cgia di Mestre, infatti, parlano chiaro. La crisi ha visto il Pil del Veneto scendere dell’8,7% dal 2007 al 2013. Poi, la ripresa dal 2014 al 2016 (ultimi dati disponibili Istat a livello regionale) in Veneto è stata migliore (+2,7%), rispetto alla media nazionale (+2,1%) e inferiore solo a Lombardia (+3,2%) ed Emilia Romagna (+3,6%). Le previsioni nel 2018-2019 sono di una crescita dell’1,2% all’anno, buona ma sempre inferiore a queste due regioni contigue. Gli investimenti, scesi del 28,6% dal 2007 al 2013, sono saliti del 7,3% dal 2014 al 2016 e sono previsti in crescita del 7,3% dal 2017 al 2019. L’export (-4,4% 2007-2013) è cresciuto del 12,1% dal 2014 al 2016 e previsto positivo anche negli anni seguenti.
L’occupazione, scesa di poco durante la crisi, è al +1,2% nel 2017 rispetto a dieci anni prima. La disoccupazione, raddoppiata durante la crisi (3,4% nel 2007 e 6,3 nel 2017), è in ulteriore discesa (5,9% al 2019). Le imprese a fine 2017 hanno perso 435mila unità (-5,2%) in regione rispetto a dieci anni prima. E a livello settoriale i dati parlano chiaro: utility, sanità, servizi alle imprese e alla persona e turismo sono in aumento per numero di imprese e valore aggiunto; parte della manifattura (alimentari, chimica, macchinari e autoveicoli ecc.) aumenta in valore aggiunto, ma cala per numero di imprese; edilizia e metalli/legno/mobili, vetro/ceramica, tessile e autoriparazione sono in crisi nera. Di fatto, i servizi, soprattutto quelli a più alto valore aggiunto, crescono, l’industria è ferma e l’edilizia in crollo.
Guardando al futuro, in Veneto, dove ci sono buone prospettive di crescita occupazionale, le professioni altamente qualificate rappresentano il 35,8% del fabbisogno occupazionale, di cui l’1% dirigenti e responsabili d’azienda. Le professioni manageriali alte saranno proprio le meno soggette al rischio automazione portato dalle nuove tecnologie.
Tutto questo anche se i manager sono in Veneto ancora troppo pochi, come emerso dall’analisi dei dati regionali di Cgia. Infatti, i dirigenti privati (elaborazioni Manageritalia su dati Inps) sono in regione lo 0,6% dei lavoratori dipendenti, contro l’1,7% della Lombardia, l’1,4 del Lazio, l’1 del Piemonte e lo 0,8 di Emilia Romagna e Toscana. Di fatto, a livello provinciale solo Verona (0,8%) e Vicenza (0,7%) sono sopra la media regionale di 0,6. Troppo poco, sapendo che oggi le aziende ‘vincenti’ sono quelle a forte guida e cultura manageriale e anche le aziende familiari e le Pmi per competere si devono aprire a manager esterni alla famiglia dell’imprenditore.
A livello di reddito e ricchezza (AstraRicerche su dati Istat 2016), in Veneto, il lavoro (dipendente 47,2% e autonomo 13,6%) è la fonte principale di reddito familiare, mentre i trasferimenti pubblici (pensioni comprese) sono al 40,9%. Il reddito medio annuo delle famiglie è in regione pari a 37mila euro per il lavoro dipendente e a 44mila euro per quello autonomo, mentre pensioni a trasferimenti pubblici assicurano un reddito medio di 25mila euro. A livello sociale, la diseguaglianza nella distribuzione del reddito – misurata con l’indice di Gini che è minore e più omogenea più si avvicina allo zero e in Italia è in media dello 0,303, massima in Calabria (0,336) e minima in Friuli Venezia Giulia (0,245) – è in regione allo 0,253 e le famiglie in povertà relativa sono il 6,1% del totale.
I dirigenti privati in Veneto sono 7.894 (2016, ultimo dato ufficiale Inps), pari a 0,6 dirigenti ogni 100 dipendenti, ma di fatto, con le sole Verona (0,8%) e Vicenza (0,7%) sopra la media regionale e molte delle altre province ben sotto a fronte di una media nazionale di 0,9 e dell’1,7 della Lombardia e del 2,6 di Milano. E il Veneto ha perso il 7,5% dei dirigenti privati dal 2008 al 2016 (Rovigo -22,3%) a fronte di un calo del 4,9% a livello nazionale. Nell’ultimo, invece, i dirigenti sono in aumento sia in Veneto +0,6% che soprattutto a Verona (+2,3%), Padova (+2,2%) e Venezia (+1,7%), contro un +0,4% a livello nazionale. A farla da padrone sono state le manager donne, aumentate tra il 2008 e il 2016 del 27,4% in regione e del 125% a Belluno, del 46,3% a Padova e del 42,5% a Verona, contro il 29,4% a livello nazionale.