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Eltif, la dimensione europea dei fondi chiusi

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Eltif, la dimensione europea dei fondi chiusi

Variante dei PIR, complementari e integrabili con questi, o boia che andranno a calare la scure sulle fragilità di un prodotto che, nonostante le buone intenzioni, non ha mai del tutto convinto nè i mercati, nè i piccoli risparmiatori? Questo è il grande dilemma che accompagna gli ELTIF, la nuova carta europea degli investimenti finanziari. Appena sbarcati anche nel suolo italiano, gli ELTIF hanno davvero impiegato poco tempo per far innamorare una fetta importante del settore della gestione del capitale, andando a mettere in risalto ancora di più le difficoltà dei PIR, i quali condividono con gli ELTIF diverse specificità.

Gli ELTIF, è bene chiarirlo immediatamente, benchè siano stati battezzati come “Pir europei”, non sono i PIR. La principale differenza è data dalla loro natura. I primi appartengono alla categoria dei fondi chiusi, i secondi a quella dei fondi aperti. In sostanza, questo significa che gli ELTIF sono strumenti meno flessibili dei PIR e non offrono gli stessi vantaggi dal punto di vista fiscale. D’altro canto, non mancano le analogie.

Acronimo di European Long Term Investments Fund, gli ELTIF sono stati pensati come sostegno, a livello europeo, per le piccole e medie imprese, sulla falsariga proprio dei PIR e dei loro analoghi in giro per il continente (che funzionano meglio rispetto all’Italia). Esistono dal 2015 grazie ad un regolamento comunitario, ma sono stati recepiti all’interno del nostro ordinamento soltanto lo scorso anno. E, come detto, sono immediatamente entrati in grande stile.

Come funzionano? Come i PIR, anche gli ELTIF prevedono delle norme vincolanti in merito all’investimento del capitale accumulato. Ad esempio, almeno il 70% del capitale investito deve indirizzarsi verso società di piccole e medie dimensioni, non finanziarie e domiciliate in Unione Europea (o Stati che prevedono stesse norme in merito all’antiriciclaggio e al fisco). Sono consentiti investimenti verso strumenti finanziari di società quotate, sempre all’interno del 70% (per il restante 30%, non ci sono vincoli particolari), a patto che la loro capitalizzazione non superi i 500 milioni di euro. Anche per gli investitori vi sono delle tutele importanti. Nel regolamento di sottoscrizione di un ELTIF devono essere previste clausole per il riscatto del patrimonio anche prima della scadenza, e qualora l’orizzonte temporale superi i 10 anni, il gestore deve specificare chiaramente tutti i rischi di un investimento così a lungo termine. Inoltre, ma si tratta di una norma controversa, dovrebbe essere cura dei gestori di un ELTIF far sì che un investitore al dettaglio non investa un importo superiore al 10% del portafoglio di un sottoscrittore di un ELTIF. Difficile che ciò si possa realizzare ad ampio raggio.

Se i PIR non sono decollati, gli ELTIF possono provare a riuscire nell’impresa. L’auspicio è che le piccole e medie imprese possano conoscere un rinnovato decollo grazie ad un coordinamento europeo mediato dai mercati. Una prospettiva coraggiosa e intrigante, vedremo quali saranno gli effetti.