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Medici sui social: privacy a rischio?

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Medici sui social: privacy a rischio?

Un chirurgo pur non diffondendo nome e cognome ha reso la sua paziente facilmente identificabile: è successo lo scorso 27 settembre in un piccolo centro della Campania dove il primario di chirurgia generale dell’ospedale locale ha diffuso i dati su un noto social riguardanti la salute di una paziente e il suo credo religioso, descrivendo sul suo profilo tutta l’amarezza e la rabbia di un caso di decesso dovuto alla mancata trasfusione di sangue perché testimone di Geova.

L’avrei salvata al 100% ma ha rifiutato ed è morta”.

Pur non avendo citato nome e cognome della paziente, non è  stato difficile in un paesino con pochi abitanti identificare la persona deceduta collegandola ai motivi e al suo credo religioso.

In questo caso il chirurgo non ha osservato le norme tutelate sia dal Codice della Privacy che dal Codice di Deontologia Medica.

Si può commettere quindi una violazione della privacy di un individuo anche senza menzionarne espressamente il nome, e per cui in molti casi non basta scrivere soltanto le iniziali puntate.

L’art 4 del Regolamento UE 2016/679 definisce infatti dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile; si considera identificabile la persona fisica che può essere individuata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale”.

Nel caso del medico e della testimone di Geova, l’insieme di minuziosi dettagli forniti dal primario e dai necrologi costituiscono dati personali perché hanno consentito di identificare indirettamente la donna defunta.

Tra commenti, video e selfie che vengono postati in rete da parte di medici – riporta Agenda Digitale – il fenomeno dell’uso scorretto dei social network trai gli operatori del settore sanitario sta diventando un tema di discussione e fonte di preoccupazione di portata nazionale, e già nel 2017 il Ministero della Salute ha spinto la Federazione Nazionale dell’Ordine dei medici a scrivere una severa lettera di monito a tutti gli ordini provinciali, invitando i professionisti iscritti all’albo a ponderare l’uso che fanno degli strumenti social in relazione alla delicata professione che svolgono, ribadendo l’obbligo di rispettare l’art.10 del Codice deontologico, che impone al medico di “mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale. La morte della persona assistita non esime il medico dall’obbligo del segreto professionale”.

Un fenomeno non certo solo italiano se pensiamo che nell’arco di 5 anni, oltre 1.200 dipendenti del Servizio Sanitario Inglese (NHS) hanno ricevuto provvedimenti disciplinari a causa dell’uso improprio dei social media, e almeno 65 di questi sono stati licenziati per aver condiviso online informazioni riservate sui pazienti.

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