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Misericordia di Arezzo, itinerario per la consegna di pacchi alle famiglie bisognose

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Misericordia di Arezzo, itinerario per la consegna di pacchi alle famiglie bisognose

«Iniziamo il nostro itinerario per consegnare i pacchi a famiglie bisognose in un caldo pomeriggio di agosto, partiamo alla volta di Palazzo del Pero dove ci aspettano due famiglie. Siamo quattro volontari in un pulmino tanto grande da assicurare il distanziamento tra noi e anche per ospitare tutte le buste di carta piene di generi alimentari che dobbiamo consegnare; il clima è torrido, ma siamo tutti soddisfatti del servizio che sappiamo di andare a svolgere.
Nel mese di dicembre, con diversi gradi meno, abbiamo organizzato una consegna analoga, eravamo sempre gli stessi volontari, ma con meno risorse e quindi con un minor numero di famiglie destinatarie, ma già conosciamo lo stato d’animo con cui sicuramente ci accoglieranno.

Proprio nella prima frazione che raggiungiamo, Palazzo del Pero, ci aspetta una famiglia che abita in una ripida discesa; facciamo non poca difficoltà a trovare il civico, è una zona rurale, ma il ringraziamento che incontriamo ci ripaga subito; la seconda consegna nella zona è ben più complicata, perché è in una palazzina di edilizia popolare, in cui non sono indicati tutti i nomi dei condomini; facciamo difficoltà a suonare ad altri campanelli in cerca della famiglia a cui dobbiamo consegnare, perché è nostra responsabilità anche salvaguardare la privacy delle persone che stiamo cercando. Alla fine riusciamo a trovare l’abitazione, ma la signora destinataria del pacco non è a casa: dobbiamo tornarci in un altro momento.

Il nostro itinerario prima di partire  è stato organizzato dall’autista,  che ha strutturato le consegne in modo da impiegare meno tempo e km possibili, quindi scendiamo alla volta delle frazioni di Gragnone e Bagnoro, dove solitamente immaginiamo piucchealtro abitazioni di lusso: ce ne sono ovviamente, ma tra queste ci sono anche abitazioni più dimesse, che ospitano le persone che ci stanno attendendo.
E’ proprio ai piedi di un grazioso gruppo di case arroccate nella collina, che suoniamo il campanello di una signora: vive da sola, al nostro arrivo sentiamo abbaiare un cane, che poi ci confida essere la sua unica compagnia; ci chiede di aiutarla a portare le nostre buste al primo piano, è molto magra, ma i suoi occhi sorridono dietro alla mascherina ed è realmente felice di vederci. Ci dice che siamo stati da lei anche a dicembre e noi ce lo ricordavamo bene, ma non glielo abbiamo detto per non metterla in difficoltà: il furgone su cui viaggiavamo nella settimana di Natale aveva avuto problemi a salire in cima alla collina per il ghiaccio, mentre adesso con quel caldo la fatica la sentiamo di più noi a piedi, ma lei ci ringrazia tanto, firma il modulo che le porgiamo e che attesta la consegna, e noi ci sentiamo più che ripagati, pronti a continuare il nostro giro.

Ripartiamo sotto il sole cocente, solo pochi pacchi non troveranno il destinatario; in una frazione vicino a indicatore il nostro pacco arriva nelle mani di una bimba, forse la nipote del signore a cui è destinato, il nonno che la tiene per mano e lei ci viene incontro: il signore per farsi vedere meglio è sceso in strada, ha fatto alcune centinaia di metri a piedi e con il caldo che è, gli offriamo un passaggio verso la sua abitazione: nel breve tragitto la bimba ci guarda, scruta le nostre divise e io penso a cosa potrà ricordarsi tra alcuni anni di noi: sicuramente le rimarrà impresso che eravamo qui per un regalo, ma forse allora coglierà anche che ci sono tanti sforzi e una discreta organizzazione dietro questa consegna: non è solo merito nostro, che li stiamo consegnando, ma di tante persone che si sono interrogate su come aiutare quella società che si trova a vivere situazioni di disagio economico e sociale, di chi ha cercato le risorse alimentari e di chi ha organizzato come e a chi distribuirle. Noi siamo soltanto l’ultima mano di questa catena, facciamo un piccolo servizio, ma le persone a cui consegniamo ci ringraziano e ringraziano davvero tutto ciò che sta dietro questa semplice consegna.
La nostra simpatica bimba dopo questo breve tragitto scende, ci ringrazia anche lei e porta contenta una delle due buste che le abbiamo consegnato: il nonno sorride e, proprio grazie all’attenzione che la bimba ha attratto, è riuscito a vincere l’imbarazzo iniziale che aveva nel ricevere quei beni di prima necessità: guardando i suoi abiti e ascoltando le sue parole, penso che forse fino a poco tempo fa non avrebbe neppure immaginato di ricevere queste buste.

Le difficoltà infatti che leggiamo sui volti dei nostri destinatari sono molteplici: molti hanno famiglie numerose, alcuni anche tanti bambini, ci sono poi gli anziani con le rughe di chi in una condizione di difficoltà ci si trova purtroppo da tanto tempo e poi ci sono anche molte persone che vivono sole, vestono abiti dignitosi ma sono in difficoltà psicologiche evidenti: ad unirli tutti, a prescindere dalla lingua, dal livello culturale e dalla zona in cui risiedono, c’è il ringraziamento che nelle 9 consegne fatte, non è mai mancato.

Durante il nostro itinerario riflettiamo sul fatto che non avremmo mai pensato di fare questo tipo di servizio e soprattutto con questo ritmo settimanale, perché infatti prima di noi altri confratelli questa settimana hanno portato i pacchi ad altre persone e tanti ce ne sono ancora in programma per le prossime settimane: le famiglie che hanno bisogno di ricevere beni di prima necessità purtroppo sono tantissime e noi vogliamo dare il nostro piccolo contributo non solo in questo momento, ma anche riportando queste esperienze che facciamo nel contesto sociale in cui viviamo e che sembra tanto distante da quello che vediamo in centro nel weekend nei locali affollati.

Quando salutiamo ognuno di loro, ci chiediamo se li rivedremo mai, ci auguriamo che la loro condizione migliori, ma soprattutto siamo consapevoli che nelle strisce giallo ciano del nostro furgone hanno letto il nome della Misericordia e che adesso sanno che non si occupa solo di emergenza sanitaria nel territorio, ma anche di chi ha difficoltà a mettere un piatto in tavola.» Lucia Graziotti