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Tanti: “misura straordinaria messa a disposizione di lavoratori autonomi e atipici”

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Tanti: “misura straordinaria messa a disposizione di lavoratori autonomi e atipici”

Lettera dell’assessore Lucia Tanti alle categorie economiche e ai sindacati
“Ora un’alleanza tra istituzioni e lavoratori autonomi e atipici. Patto per la città:
150mila euro sperimentali per ripartire subito. Parole d’ordine: servizi e lavoro
Aiutateci a dare una spinta a chi non ce la fa. La povertà si batte con la crescita”

Una lettera alle categorie economiche e ai sindacati per chiedere di segnalare chi, vittima economica del Covid, ha bisogno di una spinta per ripartire; una richiesta di alleanza per dare comunicazione a piccoli artigiani, commercianti, partite iva, lavoratori atipici della misura straordinaria messa a disposizione dal Comune di Arezzo per sostenere la ripartenza di coloro i quali non hanno reti e non hanno garanzie ma sono la spina dorsale di una economia libera, autonoma e sana che se torna a vivere porta con sé crescita e sviluppo.

“E’ la prima volta – spiega l’assessore alle politiche sociali, scuola, famiglia e sanità, Lucia Tanti – nella storia che l’assessorato alle politiche sociali si rivolge alle categorie economiche perché possano collaborare a diffondere la notizia che il Comune ha stanziato risorse, liquide e immediate, destinate ad essere trasferite direttamente al conto corrente dei cittadini perché essi possano ripartire con la loro attività privata o godere di servizi tali da facilitare il rientro al lavoro.
Una decisione che stravolge le modalità consuete di un assessorato che, dall’inizio del mandato ma in particolare adesso dopo il Covid19, guarda ai piccoli lavoratori autonomi e atipici come a importanti interlocutori e destinatari di sostegno economico. Non solo sussidi, non voucher, non “tessere” del pane, non buoni spesa, ma soldi veri e subito, fino ad una contribuzione di 1500 euro da immettere direttamente nel conto corrente.

Per fare cosa? Per tornare a lavorare, sostenere spese funzionali al proprio lavoro, fare fronte al costo di servizi che facilitano la propria attività privata o atipica. Un cambio di passo che parte dal presupposto che la coesione sociale si costruisce facilitando il lavoro non erogando solo sussidi.
Il lavoro è la sola vera risposta che dobbiamo cercare di dare in questa fase: se quindi da una parte il Comune di Arezzo, nei cinque anni della giunta Ghinelli, si è contraddistinto per i forti investimenti di protezione sociale, portando il contributo procapite a 133 euro a fronte di una media del centro Italia di 80 euro, dall’altra parte punta sulla ripresa dei “piccoli” lavoratori autonomi e dei lavoratori atipici per ripartire dopo il lockdown, nella certezza che la parola chiave per battere il disagio economico non sta nell’assistenzialismo ma nella crescita.
E’ tutta qui la “rivoluzione” e cioè nel mettere a fuoco che è “sociale” una piccola attività che riapre, non meno di un “buono spesa”, e che in questo preciso momento l’assessorato alle politiche sociali deve giocare su due fronti: proteggere i meno abbienti e dare una spinta a chi può tornare a farcela da solo.

Per fare questo abbiamo bisogno che le categorie economiche e i sindacati ci aiutino e ci segnalino le persone per cui questa misura è stata pensata e cioè i lavoratori autonomi e atipici che hanno pagato il periodo di “chiusura” e che oggi sono stretti tra la voglia di ripartire e la difficoltà di potercela fare. A queste persone noi ci rivolgiamo per fare insieme un patto di ripartenza che rimetta in corsa Arezzo.

A chi mi ha criticato perché ho deciso di destinare risorse a questi aretini, immettendo liquidità direttamente nei loro conti correnti solo dopo un breve colloquio con i servizi sociali, rispondo che io di questa Arezzo operosa e coraggiosa, caparbia e lavoratrice, autonoma ed indipendente mi fido e su loro la giunta Ghinelli scommette.

Un negozio che riapre, un laboratorio che riesce a non chiudere e riparte, un artigiano che torna a fare il proprio mestiere è un capitale per tutta Arezzo perché solo investendo nel lavoro si crea altro lavoro e quindi coesione sociale”.