Home Attualità Zona rossa e di nuovo mancano operosità e azione. Quando tutto si ferma, può l’arte essere considerata filosofia pratica?

Zona rossa e di nuovo mancano operosità e azione. Quando tutto si ferma, può l’arte essere considerata filosofia pratica?

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Zona rossa e di nuovo mancano operosità e azione. Quando tutto si ferma, può l’arte essere considerata filosofia pratica?

Quando la zona è in allarme e tutto ciò che fai è fermo, bloccato dal virus e poi irrimediabilmente fiacco, è possibile pensare che l’arte possa salvarci? A ben guardare, l’arte contemporanea è in grado di offrirci strumenti, suggerimenti e argomenti per facilitare la pratica della filosofia e lo sviluppo delle capacità di pensiero.

Per sapere se si tratta proprio di una filosofia pratica alla portata di tutti, bisognerà fare proprio come dice il proverbio: toccare con mano!

Si potrebbe partire dalla premessa più pregnante dell’arte d’avanguardia, quella che ci suggerisce di guardare le cose o di pensarle secondo un modo divergente o laterale. Semplicemente, guardarle da un’altra prospettiva. Esattamente come dice il popolare psicologo Edward De Bono, quando ci parla di rinnovare l’organizzazione dei nostri processi mentali e di farlo attraverso strategie non ortodosse.

Lo scopo è sempre lo stesso, sia per De Bono che per gli artisti di qualsiasi latitudine: quello di generare idee. Idee però che hanno il compito di sfuggire dai limiti del pensiero abituale per portarci verso luoghi impensati. Stiamo parlando insomma del famoso “pensiero creativo”.

De Bono pensa che il pensiero laterale o divergente si sviluppi attraverso le tecniche che aiutano a guardare sé stessi e le cose che ci circondano da diversi punti di vista. Praticamente quella cosa che la filosofia e l’arte fanno da millenni. Anche il mondo scientifico ne è convinto.

Nel famosissimo libro “La tensione essenziale” del 1977, il filosofo della scienza T.S. Kuhn verificava l’esistenza di due tipi di pensiero, affermando che ad esempio, il pensiero convergente è quello più impegnato con la tradizione.

È il pensiero che si occupa della formazione degli studenti ed è quello a cui si rivolge fiducioso lo scienziato “normale”, quello che lavora cioè secondo le sue modalità. Questi scienziati suppongono che ci sia sempre una risposta dentro la struttura della tradizione del pensiero o del “paradigma scientifico” ed è lì che cercano le loro risposte.

Il pensiero divergente, invece, sfida sé stesso ed esige di poter fare le domande al di là dei presupposti di base di una tradizione. Ha un atteggiamento più critico e – cosa assai interessante – dà il meglio di sé in tempi di crisi e di zone rosse.

La coesistenza dei due tipi di pensiero non solo è possibile e auspicabile – ci dice Kuhn – ma è l’unica condizione che previene il ristagno dell’attività scientifica e permette che ci siano quelle rivoluzioni che lui chiama modifiche di paradigma. In altre parole è lì che si verifica la parte creativa che Kuhn chiama “tensione essenziale”.

A questo punto è facile capire perché molti artisti – per non dire tutti – considerano il pensiero conformista e carente di creatività come qualcosa da paragonare ad una vera e propria disabilità. Il compito allora è quello di “curarsi”, entrando dunque in quella tensione.

Come è facile intuire la paura di passare da sciocchi o di non essere approvati, di perseguire idee sbagliate o non interrogarsi sull’immaginazione e sull’intuizione, sono espressione della volontà di mantenersi liberi da quelle tensioni, costruendo però società malate.

È possibile allora essere tutti più creativi. Basta permetterselo.

Per capire se siamo sulla strada per il pensiero divergente, l’arte contemporanea suggerisce:

  • Non dare nulla per scontato e non lasciarsi schiacciare dal peso dell’ovvio. Rilevare e poi mettere in discussione (esattamente come fa Magritte) tutte le ipotesi fatte, chiedendosi cosa c’è dietro una dichiarazione o un problema.
  • Lasciare che l’atteggiamento di scoperta e di naturale voglia di esplorare come quella di Picasso, accompagnino la tua giornata.
  • Vedere il tuo mondo con gli occhiali presi in prestito da altre culture, da altre discipline o da altre professioni, esattamente come fa la camaleontica Cindy Sherman.
  • Azzardare risposte multiple – come fa Braque -, invece di cercare di risolvere un problema dall’inizio alla fine.
  • Considerare idee assurde, sciocche, irrazionali, radicali o stravaganti come fa il Dadaismo ovunque vada.

Tutte insieme possono aprire nuove linee di pensiero o almeno ti faranno vedere quali sono le tue “tensioni essenziali” occupando il posto di ciò che sapevi già con qualcosa di nuovo che pretende attenzione.

Provare per credere!

Matilde Puleo